Per molti adolescenti l’orientamento sessuale e l’identità di genere rappresentano uno spettro ampio. La percezione del proprio orientamento sessuale e identità di genere può essere poco chiara nel presente e/o potrebbe cambiare in futuro.
Identificarsi come lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali o addirittura come queer – per chi rifiuta di conformarsi a un modello – non è un capriccio né un modo per sentirsi diversi. È centrale per l’identità di una persona e il suo benessere fisico ed emotivo.
La loro marginalizzazione in famiglia, a scuola o nello sport ha un impatto negativo e li porta a percepirsi come sbagliati. Questo può pregiudicare la loro crescita, il rendimento scolastico, l’inserimento nel gruppo dei pari, in casi estremi può spingere al suicidio.
La Convenzione sui Diritti del Fanciullo (N.Y. 1989) ha previsto una tutela specifica per bambini e adolescenti, anche LGBTI.
Offriamo tutela, giudiziaria se necessario, ai genitori di bambini e adolescenti LGBTI che subiscono discriminazione a causa del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere. In casi particolari anche agli adolescenti stessi.
Facciamo opera di informazione e sensibilizzazione, soprattutto nelle scuole primarie e secondarie in Italia e all’estero. Teniamo conferenze e workshop sul tema per ‘educare’ a un rapporto e a un uso del linguaggio più corretti e rispettosi nei confronti di bambini e adolescenti.
Rete Lenford si è dotata di una Child Protection Policy, consultabile qui: Child Protection Policy – RETE LENFORD
Intendiamo impegnarci ancora di più nel lavoro di sensibilizzazione nelle scuole perché crediamo che il rispetto nei confronti di bambini e adolescenti LGBTI parta proprio dal linguaggio.
È importante capire che, come in ogni altro contesto, il linguaggio che si usa per riferirsi a bambini e adolescenti e che usiamo nella comunicazione con loro può essere strumento di emancipazione come di oppressione.
Per fare un esempio: la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (N.Y. 1989) usa child (al singolare) senza alcun riferimento al genere, al sesso o all’orientamento sessuale, tantomeno al suo stato in rapporto ad altri. Il nostro sistema usa invece ‘minore’, forse senza considerare che questa parola evoca una condizione di inferiorità e ne giustifica la compressione di diritti e la subordinazione a interessi e decisioni degli adulti.