Fonte: http://networkedblogs.com/p25357812
Anche in questa nostra Repubblica dove la gente ha così scarsa fiducia nello “Stato” da rinunciare spesso in partenza a promuovere una regolamentazione giuridica dei propri diritti e doveri, sta per succedere qualcosa in materia di riconoscimento giuridico delle unioni fra persone dello stesso sesso.
L’istituto giuridico del matrimonio è in profonda crisi, ma sta invece crescendo esponenzialmente il numero delle coppie – gay e non – conviventi more uxorio, cioè unite in una relazione sentimentale e sessuale di lungo termine, implicante diritti e doveri, responsabilità e reciprocità. Il costituzionalista Giovanni Maria Flick, in occasione di una celebrazione dei 60 anni della nostra Costituzione ha raccomandato che il Parlamento legiferi in materia di unioni gay.
Questi sono alcuni dei temi emersi oggi a Pisa in un seminario promosso dalla Rete Lenford, un network di avvocati impegnati sul fronte dei diritti LGBT. L’incontro di studio si è svolto nel palazzo universitario storico della Sapienza, sotto il patrocinio della Facoltà di Giurisprudenza. Le relazioni introduttive sono state tenute dall’Avv. Saveria Ricci, di Firenze, impegnata nella Rete Lenford; dal Prof. Francesco Dal Canto, dell’Università di Pisa; dal Dott. Alexander Schuster, dell’Università di Trento.
Le più grandi novità stanno emergendo dal basso: coppie che realizzano relazioni stabili e durature e le rendono visibili a tutti; iniziative spontanee – come il recente digiuno di Francesco Zanardi e Manuel Incovaia di cui gaymagazine.it si è ripetutamente occupato – per chiedere alla politica di darsi una mossa, essendo l’Italia rimasta uno dei pochi stati (di diritto) a ignorare le coppie gay; iniziative locali per farsi riconoscere come compagni di vita dagli uffici anagrafici locali, un fronte grassroots su cui è molto impegnata l’associazione radicale Certi Diritti.
Il seminario ha approfondito il successo dell’iniziativa presa da alcune coppie gay in varie parti della Repubblica, di rivolgersi ai loro Comuni chiedendo le pubblicazioni per potersi sposare. Contro i rifiuti opposti dagli ufficiali dello stato civile, queste coppie hanno fatto ricorso e in quattro città – Firenze, Venezia, Ferrara e Trento – i tribunali che hanno trattato la materia hanno riconosciuto come le richieste delle coppie meritino di essere discusse di fronte alla Corte Costituzionale.
In questi quattro casi i giudici locali hanno “rimesso” alla Corte suprema della Repubblica la richiesta di una riflessione sulle disposizioni del Codice Civile e di alcune altre leggi vigenti, che, riservando il matrimonio civile alle sole coppie eterosessuali, potrebbero essere contrarie alla nostra Carta fondamentale.
I due commi dell’art. 29 della nostra Costituzione recitano: “29.1 – La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. 29.2 – Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”. I giuristi presenti all’incontro di oggi si sono domandati se la Corte accederà a una interpretazione storica ed evolutiva – e quindi più neutrale rispetto alle nuove esigenze emerse con la visibilità delle coppie gay – di questo principio costituzionale, tenendo conto del fatto, come la Corte ha già fatto in passato, che sia la famiglia che il matrimonio in Italia sono profondamente cambiati negli ultimi 60 anni e continueranno certamente a cambiare. Oppure se la Corte si limiterà a raccomandare al legislatore modifiche al diritto di famiglia o – più probabilmente – l’istituzione di una qualche forma di unione civile, tenuto conto anche della necessità, impostaci dall’art. 117 della nostra Costituzione, che l’ordinamento italiano si adegui alle disposizioni europee. Dall’Europa non ci arrivano solo raccomandazioni o appelli politici, ma vere e proprie norme come l’art. 9 della Carta di Nizza, recentemente recepita nel Trattato di Lisbona, che ci chiedono di provvedere al riconoscimento in una qualche forma delle coppie gay. Sembra invece escluso, questa l’opinione dei giuristi e dei partecipanti al seminario di oggi, che la Corte possa interpretare in modo restrittivo l’art. 29, trasformando la “naturalità”, che per i nostri Costituenti era razionalità e ragionevolezza, in una specie di mostruoso comandamento moralistico, anticamera dello stato etico, che sarebbe la tomba della libertà di tutti, non certo solo dei gay.
Questo pronunciamento della Corte, che si preannuncia estremamente importante per il dibattito sull’uguaglianza fra i cittadini gay ed etero e fra le coppie eterosessuali ed omosessuali, è atteso entro l’estate.
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