Contro il (pessimo) tentativo di Trump di reintrodurre il bando delle persone trans nelle forze armate

A seguito della decisione di ieri di Donald Trump di reintrodurre il divieto per le persone transessuali di prendere parte alle forze armate americane, Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford osserva che:

1. Negare alle persone transessuali la possibilità di difendere il proprio paese, sostenendo che ciò comporterebbe “enormi spaccature” (tremendous distruption) è discriminatorio e contrario al principio di uguaglianza posto dall’art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, secondo cui “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. Come ha osservato Eric Fanning, Segretario generale dell’Esercito degli Stati Uniti nominato dal Presidente Obama, il primo apertamente gay a ricoprire tale carica: “Se sei determinato a rischiara la tua vita per proteggere il nostro Paese, allora dovresti essere idoneo a servire (nelle forze armate)“.

2. L’esperienza di tutti quei paesi in cui le persone transessuali sono state ammesse nei corpi militari insegna che la strada dell’inclusione è percorribile ed efficace. Attualmente sono diciotto le nazioni che accettano senza restrizioni persone transgender nei corpi armati: Australia, Austria, Belgio, Bolivia, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Le forze di difesa israeliane hanno incluso soldati transessuali dal 1998. In Olanda le persone transessuali possono unirsi alle forze armate dal 1974: in questo paese, cosi come in Canada ed Australia, è l’esercito a sostenere le spese per i trattamenti ormonali e gli interventi chirurgici.

3. L’argomento utilizzato dal Presidente Trump relativo agli eccessivi costi per le spese mediche non giustifica il divieto annunciato ieri, posto che il diritto all’identità ed alla tutela della dignità delle persone transessuali risulta preminente rispetto a qualsiasi argomentazione di carattere meramente economico. Inoltre l’istituto di ricerca Rand Corporation ha evidenziato che, secondo le stime, meno dello 0,1% dei soldati americani fa richiesta di intraprendere un percorso di transizione, e che attualmente è stimata la presenza di circa 1,320–6,630 soldati transessuali nelle forze armate americane (rispetto ad un corpo armato di circa 1.3 milioni di persone), di cui solo una minima parte richiederebbe trattamenti di rettificazione del sesso.

4. La scelta di diffondere il messaggio di così ampia rilevanza tramite tre semplici tweet è amareggiante e dà la misura di quando l’attuale amministrazione americana rivolga scarsa attenzione e rispetto verso i diritti umani e le persone LGBTI. Inoltre la decisione di Trump preoccupa in quanto mette in discussione il percorso di inclusione delle persone LGBTI nelle forze armate statunitensi iniziato da Barak Obama nel 2010, con l’abolizione del “don’t ask don’t tell“, e culminato lo scorso anno con l’ammissione ufficiale delle persone transgender nei corpi militari americani, così sottolineando ancora una volta il differente approccio del nuovo Presidente rispetto all’amministrazione Obama con riguardo ai diritti delle persone LGBTI. Peraltro si ricorda che Donald Trump aveva dichiarato, in un’intervista rilasciata nel 1999 alla rivista The Advocate: “Se una persona omosessuale può essere un medico, un avvocato, un insegnante o rivestire un altro ruolo di responsabilità, perché non dovrebbe poter servire questo paese nelle forze armate? La politica del ‘Don’t ask, don’t tell’ ha chiaramente fallito. Le persone omosessuali servono effettivamente nelle forze armate in diversi paesi europei“.

5. Non è ancora dato sapere quali esperti militari siano stati consultati da Trump. Evidenziamo però che il Capo di Stato Maggiore Mark A. Milley, a seguito della decisione di ammettere persone transgender nelle forze armate, si era dimostrato favorevole, dichiarando che bisognava solo educare i militari, in particolare i comandanti chiamati a decidere sulle richieste di rettificazione di sesso dei soldati delle proprie unità, e aveva affermato: “La prima regola è: tratta i tuoi soldati, i tuoi sottoposti, i tuoi pari e i tuoi superiori come vuoi che loro ti trattino. Tratta tutti con dignità e rispetto. Non c’è altro da dire. Tutto qui. Punto”.

6. Per quanto riguarda l’Italia, l’articolo 1468 del Codice dell’Ordinamento militare (D.Lgs. 15-3-2010 n. 66) vieta espressamente la discriminazione nelle forze armate delle persone omosessuali, tanto nell’accesso alla vita militare, quanto nella carriera e in ogni altro diritto o prerogativa connessa al lavoro nelle forze armate. Lo stesso articolo deve ritenersi applicabile anche alle persone transessuali, in quanto la tutela contro la discriminazione in base al sesso si estende alla persona che intende subire o abbia subito un adeguamento del sesso fisico al genere psicologico, come previsto dalla direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, in materia di parità di trattamento.

Per tali ragioni Avvocatura per i Diritti LGBTI – Rete Lenford ha chiesto alla Ministra della Difesa Roberta Pinotti di prendere posizione (link della lettera inviata) e auspica che Ella intervenga pubblicamente per chiarire che un divieto come quello annunciato dal Presidente americano Trump non è giuridicamente formulabile in Italia, anche al fine di rassicurare tutte quelle persone transessuali che servono il nostro Paese nelle Forze Armate.

 

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