Spagna. La Corte costituzionale giudica costituzionale il matrimonio egualitario

Con un breve comunicato la Corte costituzionale spagnola, nella sera del 6 novembre 2012, annuncia di aver: «pronunciato la sentenza nel ricorso di incostituzionalità numero 6864-2005, promosso da oltre cinquanta deputati del Gruppo parlamentare Popolare del Congresso dei deputati contro la legge del 1 ° luglio 2005, n. 13, recante modifica del codice civile in materia di diritto a contrarre matrimonio, con il seguente dispositivo:
Respinge il ricorso di incostituzionalità proposto contro la legge del 1 ° luglio 2005, n. 13, che modifica il codice civile in materia di diritto a contrarre matrimonio”.
Hanno annunciato pareri dissenzienti i magistrati Ramón Rodríguez Arribas, Andrés Ollero Tassara e Juan José González Rivas e parere concorrente il magistrato Manuel Aragón Reyes.
Il testo integrale della sentenza sarà reso pubblico nei prossimi giorni in uno con i pareri».

Il ricorso, per la precisione, era stato inoltrato da 72 parlamentare e la Corte ci ha messo 7 anni per prendere la sua decisione. Tuttavia, si tratta di una decisione netta e ben fondata in diritto, essendo stata presa con il voto favorevole di 8 giudici e solo 3 contrari. Il dodicesimo componente del plenum della Corte ha ottenuto di non partecipare alla decisione, dal momento che nel 2005, quand’era presidente del Consiglio superiore della magistratura, aveva espresso un parere che si scagliava scompostamente contro il progetto di legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, arrivando a paragonarlo a quello tra un uomo e un animale.

Il Partito Popolare nel ricorso insisteva che la parola «matrimonio» ha sempre avuto un significato diverso da quello nuovo che il legislatore ordinario intendeva dargli, alterando «non solo gli elementi basici che definiscono nella nostra struttura sociale un’istituzione fondamentale, ma anche tutto il diritto costruito durante secoli intorno ad essa». Tale consolidato diritto, secondo i popolari, ha oggi espressione nell’articolo 32 della Costituzione spagnola che recita: «l’uomo e la donna hanno diritto a contrarre matrimonio con piena uguaglianza giuridica». L’incostituzionalità della legge che ha aperto i matrimoni alle coppie dello stesso sesso sarebbe stata nella violazione di tale articolo della Costituzione perchè: «non rispetta la definizione costituzionale del matrimonio come unione tra un uomo e una donna e non rispetta la garanzia istituzionale riservata al matrimonio dalla Costituzione».

L’argomento principale del ricorso si centrava sull’idea della snaturalizzazione e non molto aveva di fondamento giuridico.
Già l’Avvocatura dello Stato avevo sostenuto che la Costituzione «non contiene un concetto di matrimonio», ma «si limita a riconoscere il diritto dell’uomo e della donna a contrarre matrimonio in piena uguaglianza giuridica, con l’evidente finalità di consacrare la piena uguaglianza della donna nel matrimonio, rompendo così una tradizione secolare». Secondo l’Avvocatura l’articolo 32 della Costituzione spagnola «non proibisce il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma semplicemente non si riferisce ad esso».
In più, va ricordato, che il secondo comma dell’articolo 32 riconosce che: «la legge regolerà le forme di matrimonio», affidando al legislatore ordinario il compito di mantenere viva questa istituzione nel contesto storico e sociale.

Anche l’argomentazione «linguistica» dei ricorrenti, che fondava sulla definizione di matrimonio contenuta nel vocabolario della Real Academia de la Lengua, non ha avuto molta fortuna, considerato che il 22 giugno di quest’anno la stessa è stata modificata d’accordo con le altre 22 accademie di lingua del Paese. La precedente definizione di matrimonio come «unione di un uomo ed una donna celebrata per mezzo di determinati riti o forme giuridiche, per stabilire e mantenere una comunità di vita e interessi» è stata integrata con la seconda accezione: «in determinate legislazioni, unione tra due persone dello stesso sesso, celebrata secondo determinati riti o forme giuridiche, per stabilire e mantenere una comunità di vita ed interessi».

Secondo Dario Villanueva, segretario della Real Academia, l’ente si limita a ratificare, con maggiore o minore celerità, la sovranità del popolo nell’uso e nei costumi del parlare. La RAE si è limitata, pertanto, a registrare l’uso generalizzato e la normalizzazione di questa accezione, trattando la parola matrimonio come qualunque altra parola: «Dopo sette anni dall’approvazione della legge, la realtà si è adattata a questa nuova legislazione e la sua accettazione ha cominciata a circolare e a riempirsi di riferimenti in diversi ambiti. Allora, si è provato che l’accezione unica che esisteva non serviva più (per descrivere) la nuova realtà consacrata dalla legge e per questo si è inclusa anche l’altra».

Non credo che servano molte altre parole per raccontare il rapporto inestricabile che esiste tra il diritto espresso dalle leggi e l’evoluzione sociale di una comunità. È l’immaginario collettivo che viene modificato dall’inclusione di una minoranza prima bisfrattata e le parole lo testimoniano. È come se la trasformazione egualitaria del matrimonio fosse il coming out della società.

Un fatto irreversibile in un Paese che, sotto il franchismo e fino al 1979, ha consentito di incarcerare le persone omosessuali e di sottoporle a rieducazione perché ritenute socialmente pericolose. Una ferita che una legge del 2009 ha cominciato a richiudere riconoscendo un risarcimento a chi ha subito questi trattamenti inumani a causa del proprio orientamento sessuale.

Si è dato grande risalto al fatto che fino ad oggi in Spagna sono stati celebrati 22.442 matrimoni tra persone dello stesso sesso, pari all’1,8% dei matrimoni totali, e una media di circa 3 mila nuovi matrimoni l’anno, ma non è stato colto il cambio di prospettiva che la sentenza della Corte costituzionale spagnola rappresenta.
Diversi titoli (orribili) della stampa italiana recitavano: «La Corte salva 22 mila matrimoni gay». Non è quello che è accaduto, anche se il matrimonio egualitario in Spagna era come bloccato sotto una condizione sospensiva. Quello che è accaduto, invece, è l’archiviazione di un paradigma eterosessista e la scrittura di una pagina nuova della storia del riconoscimento della dignità di tutte le persone, non solo quelle omosessuali.

La strada dell’archiviazione dell’omofobia è forse ancora lunga, ma da oggi è sicuramente un po’ più corta. Non in Italia, forse, dove oggi ancora una volta, l’ennesima, uno stolto Parlamento ha bocciato l’introduzione di una norma penale che punisca la violenza e l’incitazione alla violenza nei confronti di persone omosessuali e transessuali.

In allegato è possibile leggere il testo della sentenza in lingua originale.

Antonio ROTELLI

Allegati

2005-06864STC.pdf

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