Il 2 Luglio 2009 la Corte Suprema di New Delhi ha dichiarato l’incostituzionalita’ della sezione 377 del Codice Penale Indiano (1860) nella parte in cui criminalizzava rapporti sessuali consensuali tra adulti dello stesso sesso. La Suprema Corte ha considerato Section 377 violativa di tre diritti e principi costituzionali, quali il diritto alla vita ed alla liberta’ personale (articolo 21), il diritto all’eguaglianza (articolo 14), e il divieto di discriminazione basato su ragioni di religion, razza, casta, sesso e origine (articolo 15).
Il Codice Penale fu introdotto da Lord Macaulay durante il colonialismo britannico in India nel 1860. La sezione 377, contenuta nel Capitolo XVI ‘Delle offese al corpo umano’, e rubricata ‘Delle offese innaturali’, prevedeva: ‘chiunque volontariamente abbia rapporti carnali contro l’ordine naturale, con qualsiasi uomo, donna o animale, e’ punito con la reclusione per la vita, o con la reclusione o altra pena per un termine che puo’ estendersi sino a dieci anni, ed anche passibile di multa.
La formulazione generica della sezione 377 ha dato luogo ad abusi interpretativi da parte di polizia e pubblici ufficiali a danno della comunita’ LGBTI, con consequente violazione dei prinicpi fondamentali sanciti dalla Costituzione dell’India.
La richiesta di incostituzionalita’ fu presentata da un’associazione non governativa, Naz Foundation, quale azione di pubblico interesse basandosi sul dato di fatto che la paura generata dall’applicazione arbitraria della sezione 377 aveva un impatto negativo sulle campagne di prevenzione e cura di HIV/AIDS. Di contraria opinione il Ministero degli Interni e in Ministero della Salute che, quali convenuti nel procedimento sottolineavano la necessita’ di mantenere in vigore la sezione 377 proprio per la forza deterrente e preventiva intrinseca nella norma.
La Corte Suprema di New Delhi, nell’accogliere le richieste della Naz Foundation, da un lato constata come la sezione 377 sia frutto di morale e stereotipi tradottisi in azioni discriminatory nel confronti della popolazione LGBTI. Di consequenza tale norma non ha piu’ ragione di essere. Dall’altro lato la Suprema Corte coglie occasione per sottolineare che la scelta del proprio partner rientra nella sfera della autonomia private di ogni individuo, e benche’ non esplicitamente considerate nella Costituzione, il diritto alla privacy e’ espressione del piu’ generale diritto alla vita ed alla liberta’ individuale. Di consequenza la morale popolare e la pubblica disapprovazione non sono valide giustificazioni per limitare diritti costituzionalmente protetti.
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