La ministra francese della sanità, Roselyne Bachelot, ha firmato lo scorso mese di gennaio un decreto che mantiene in vigore il divieto di donazione da parte degli omosessuali di sesso maschile, una misura che data al 1983.
Bachelot, in un una intervista rilasciata il 14 gennaio 2009 al quotidiano Libération, spiegava che la sua decisione si fonda su dati epidemiologici. “ I dati epidemiologici sono incontestabili: tra il 10 e il 18% dei gay sono sieropositivi, mentre nel caso degli eterosessuali è dello 0,2%. Le situazioni epidemiche non sono le stesse. C’è un rischio e questo rischio è molto elevato. Da ciò nasce il mantenimento di questa controindicazione”, ha affermato.
Per la ministra della sanità, il divieto non è “una scelta filosofica ma solo una questione di sicurezza nelle trasfusioni”. “Al momento non posso lasciar correre questo rischio agli ammalati. Ma vigileremo e se la situazione cambierà modificheremo la regolamentazione”, ha aggiunto, dopo aver ricordato che tutti i paesi europei “sono sulla stessa linea”.
Numerose critiche
Il mantenimento del divieto ha generato critiche da parte di diverse associazioni e rappresentati politici, que la considerano “sproporzionata” e “pericolosa” in un momento in cui manca sangue, “Questo divieto, anche se la ministra non chiude la porta a future modificazioni, è una misura discriminatoria, come ha riconosciuto già il Comitato nazionale di etica (Comité nacional de ética) nel giugno del 2002″, ha dichiarato Jean-Luc Romero, presidente dell’associazione Amministratori pubblici contro l’HIV.
Il divieto nel Principato d’Andorra
Sempre in gennaio, il Tribunale costituzionale (TC) del Principato di Andorra ha deciso che il divieto di donare sangue da parte delle persone omosessuali o transessuali non rappresenta una misura discriminatoria, come invece denuncia l’associazione di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali d’Andorra “Siamo come siamo”.
La sentenza è frutto di un ricorso presentato da questa associazione e dal Marc Pons, un cittadino d’Andorra al quale era stato negato di donare sangue in quanto persona omosessuale.
In prima istanza Pons si era rivolto al Tribunal de Cortes d’Andorra denunciando la società francese Établissement Français du Sang Pyrénées-Mediterranée (EFS), incaricata di ricevere le donazioni di sangue in Andorra, per il delitto continuato di discriminazione a causa della esclusione dei donatori di sangue omosessuali per ragione del loro orientamento sessuale. Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato il suo ricorso.
La EFS sottopone ai donatori un questionario con delle domande ed esclude quelli che dichiarano di essere omosessuale. Secondo il Tribunale costituzionale il questionario non presenta tratti degradanti e vessatori per le persone omosessuali. La società EFS vieta la donazione alle persone omosessuali “solo per proteggere le persone che necessitano di ricevere una trasfusione di sangue da tutte le circostanze che riguardano condotte che implicano potenzialmente un rischio sanitario alto”.
Da parte sua il Governo d’Andorra sostiene che essendo la donazione di sangue un “atto generoso”, non integra un pregiudizio di diritti fondamentali. L’associazione omosessuale la pensa in maniera differente ed ha anticipato che porterà il caso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’opinione dell’ematologo
Secondo quanto dichiarato al quotidiano El Pais dal dott. FRANCISCO MARTÍNEZ GARCÍA, Ematologo dell’ospedale Universitario Gregorio Marañón di Madrid, affermare che le persone omosessuali sono un gruppo a rischio “è totalmente falso, perché non esistono a priori gruppi a rischio, né omo, né eterosessuali. La selezione dei donatori avviene mediante un questionario, totalmente confidenziale, nel quale non si chiede l’orientamento sessuale del possibile donatore; solo si chiede se nelle attività sessuali si usano strumenti di protezione. Realizzata la donazione, al sangue si praticano una serie di analisi molto precise per determinare se è privo di virus trasmissibili (HIV, epatite, etc.). In caso di positività, il sangue si elimina e il donatore viene contattato per controlli. Per tutti questi motivi, credo che la sentenza non sia frutto di una erronea informazione medica ricevuta dal Tribunale costituzionale, ma che sia un attacco diretto alle persone omosessuali per denigrarle e, perciò, un attacco alla libertà”.
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