L’Italia è chiamata a recepire due direttive comunitarie che riguardanti il diritto ad avere una famiglia e a al contempo il diritto di soggiornare liberamente all’interno del territorio UE.
La direttiva 2003/86/EC si occupa del diritto al ricongiungimento familiare con riferimento ai cittadini di Paesi terzi, mentre la direttiva 2004/38/EC si occupa del diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
In entrambe le direttive è presa in considerazione la situazione in cui si trova:
a) il partner non coniugato che abbia una relazione stabile e duratura,
b) il partner legato al soggiornante o al cittadino comunitario da una relazione formalmente registrata.
La prima delle due direttive ricordate è scaduta il 3 ottobre 2005, mentre la seconda scadrà il 30 aprile 2006.
Ancora una volta ci troveremo nella imbarazzante situazione di dover essere sollecitati dall’Europa per garantire ai cittadini italiani diritti che la nostra Carta costituzionale già da oggi consente di riconoscere loro. E ciò con buona pace di quanti formulano assurde affermazioni (purtroppo si tratta di professori universitari di diritto privato, che – a quanto pare – non scrivono più saggi, ma dettano agenzie di stampa) in base alle quali in Italia la famiglia sarebbe solo quella fondata sul matrimonio.
Verrebbe da chiedere loro: ma se fosse davvero incostituzionale tutelare le unioni di fatto la giurisprudenza italiana allora ha avuto una svista negli ultimi trent’anni? E anche ad ammettere l’errore umano di qualche magistrato, anche la Suprema Corte si è sbagliata?
L’impressione è che l’ideologia qualche volta offuschi le menti. E il sogno della ragione – si sa – genera mostri.
Il riferimento alla possibilità di affrontare la questione della tutela delle unioni tra persone dello stesso sesso, utilizzando il diritto italiano, non vuol essere nazionalismo. Ben vengano direttive come quelle di cui stiamo parlando. Ricordare, però, che la nostra Carta costituzionale NON IMPEDISCE AFFATTO che le unioni tra persone dello stesso sesso siano tutelate qui ed oggi, serve a mettere tutti dinanzi alle proprie responsabilità a cominciare dai giuristi, per finire con i politici.
Quanto ai giudici – se si eccettua la discutibile decisione del Tribunale di Latina di qualche mese fa – si può dire poco male di loro. Purtroppo, nessuno gli fornisce l’opportunità di applicare la legge italiana vigente e di interpretarla conformemente alla Costituzione.
Ma di ciò non diremo in questa sede. Già altrove e con insistenza si è ricordato come i cittadini italiani omosessuali stentino a portare le loro istanze dinanzi alle Corti.
Pubblichiamo di seguito una guida di riferimento elaborata da Mark BELL, di ILGA Europe e tradotta in italiano da Roberto TADDEUCCI sul processo di recepimento della direttiva dell’unione europea sulla libertà di movimento.
Certo la condizione delle coppie dello stesso sesso è solo uno dei problemi sollevati dalla direttiva, ma è sicuramente l’aspetto che creerà maggiori problemi al nostro Paese. Per tale motivo una lettura attenta del documento – ne siamo sicuri – contribuirà alla riflessione di quanti saranno chiamati a dare effettività alla normativa comunitaria (francesco bilotta).