La Camera dei deputati ha svolto oggi la discussione generale sulla mozione n. 1-00719 presentata dal Gruppo parlamentare di SEL che chiede al Governo di ritirare con urgenza la circolare ministeriale n. 40°/ba-030/011/DAIT del 7 ottobre 2014, emanata dal Ministro dell’interno.
La circolare del Ministro Alfano ha affermato che i sindaci non dovrebbero effettuare nuove trascrizioni di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso e ha disposto che i prefetti invitino i sindaci a cancellare le trascrizioni già effettuate e, in caso di inerzia, procedano essi stessi a cancellare le trascrizioni.
Le coppie i cui matrimoni sono stati trascritti nel registro dello stato civile e poi sono stati cancellati dai prefetti hanno fatto ricorso contro la circolare di Alfano. Su questi ricorsi, di cui vi abbiamo dato conto, sono intervenute le sentenze del Tar Lazio e del Tar Friuli Venezia Giulia, che hanno annullato la circolare nella parte in cui attribuisce ai prefetti il potere di cancellare le trascrizioni, perché tale potere la legge lo riserva solo all’autorità giudiziaria. Il Ministero ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro le predette sentenze. I ricorsi sono attualmente pendenti.
Alla mozione presentata da SEL sono state abbinate altre tre mozioni:
– n. 1-00885, Bechis ed altri (Gruppo Misto) che chiede al Governo di “adottare atti normativi in conformità a disposizioni sovraordinate in base al principio di gerarchia delle fonti in modo che il diritto soggettivo dei cittadini non sia conculcato da atti che, ad avviso dei firmatari del presente atto, violano norme e principi sovraordinati agli atti amministrativi interni all’amministrazione statale”. Con tale richiesta i firmatari chiedono che i matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero possano essere trascritti nel registro dello stato civile.
– n. 1-00887, Lupi, Binetti, Pagano (Gruppo Area Popolare, NCD-UDC) che chiede al Governo di “intraprendere nel solco della circolare del Ministro dell’interno del 7 ottobre 2014, ogni opportuna iniziativa volta a garantire la corretta tenuta dei registri dello stato civile, al fine di evitare che, in sede di trascrizione degli atti di matrimonio, siano poste in essere attività in contrasto con la disciplina normativa dell’istituto del matrimonio medesimo, fondata sulla diversità di sesso dei coniugi, secondo il dettato dell’articolo 29 della Costituzione e il consolidato orientamento dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione”. Questa mozione chiede, invece, che i matrimoni non vengano trascritti.
– n. 1-00890, Gigli, Dellai, Sberna, che chiede al Governo di “adottare iniziative, anche di rango normativo, volte a prevedere la nullità delle trascrizioni sui registri dello stato civile dei matrimoni contratti all’estero da persone dello stesso sesso al fine di evitare il perpetuarsi di atti contrari alla legge”.
Nella discussione generale del pomeriggio sono intervenuti per i rispetti gruppi gli onorevoli Melilla Gianni (SEL), Binetti Paola (AP), Piazzoni Ileana Cathia (PD). Gli interventi – che vi invitiamo a leggere – sono sul sito della Camera dei deputati al seguente link:
Qui di seguito riportiamo il testo delle mozioni, con l’avviso che altre potranno essere presentate dagli altri gruppi fino al momento in cui il Governo non esprimerà il proprio parere presumibilmente domani. Prima della votazione delle mozioni i singoli gruppi faranno una dichiarazione di voto. Il voto avverrà molto probabilmente domani pomeriggio, martedì 9 giugno, o al più tardi mercoledì 10 giugno.
Nelle prossime ore bisognerebbe fare pressioni sul PD – che evidentemente ha il coltello dalla parte del manico (è proprio il caso di scriverlo) – e sul Governo perché votino favorevolmente alla Mozione SEL, rifiutando ogni tentativo di rinviare la soluzione del problema al momento dell’approvazione del disegno di legge Cirinnà che introduce le unioni civili. Questo per diversi ordini di ragioni (noi ne indichiamo solo alcune):
1) non è detto che il ddl Cirinnà diventerà mai legge;
2) la trascrizione dei matrimonio contratti all’estero è possibile già oggi a legislazione vigente;
3) nascondere la testa sotto la sabbia e rinviare le scelte politiche non è più accettabile.
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TESTI ALLEGATI ALL’ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 437 di Lunedì 8 giugno 2015
MOZIONE SEL CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI TRASCRIZIONE DEI MATRIMONI CONTRATTI ALL’ESTERO TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO
La Camera,
premesso che:
la stampa, in data 20 gennaio 2015, ha dato notizia che la procura della Repubblica di Milano ha aperto un fascicolo contro ignoti a seguito della presentazione di un esposto sulla vicenda delle trascrizioni nella città di Milano dei matrimoni contratti all’estero da persone dello stesso sesso;
nel mese di ottobre 2014, il Ministro dell’interno adottava la circolare n. 40o/ba-030/011/DAIT con la quale chiedeva ai prefetti di invitare i sindaci a cancellare le trascriz
ioni effettuate e, in caso di non ottemperanza all’invito, di procedere essi stessi a cancellarle d’ufficio «ai sensi del combinato disposto dell’articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e dell’articolo 54, commi 3 e 11, del decreto legislativo n. 267 del 2001»;
la vicenda dell’intervento del prefetto in via sostitutiva è stata esaminata dalla procura della Repubblica di Udine, a seguito di un esposto che chiedeva di valutare se la cancellazione della trascrizione da parte del prefetto della provincia integrasse ipotesi di reato;
la procura della Repubblica di Udine, pur non rilevando ipotesi di reato, precisava che la cancellazione di un matrimonio trascritto non può essere disposta da un’autorità amministrativa – che sia il Ministro, il prefetto o lo stesso sindaco – ma solo dall’autorità giudiziaria, alla quale la legge affida la relativa competenza, in base all’articolo 95 del regolamento di stato civile (decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000);
rispondendo all’interpellanza urgente n. 2-00794, il Governo ha affermato di non voler tenere in considerazione le motivazioni espresse dalla procura della Repubblica di Udine e ha ribadito che i prefetti avrebbero il potere di cancellare le trascrizioni, in virtù del fatto che le funzioni di stato civile sono attribuite dallo Stato e sono esercitate solo in via indiretta e subordinata dal sindaco nell’ambito del comune;
il Governo ritiene, dunque, che il potere di annullamento da parte del prefetto sia una tipica manifestazione di una sovraordinazione gerarchica e concreta un rimedio di ordine amministrativo; a tal proposito, ha fatto riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 3076 del 2008, relativa a provvedimenti sindacali in materia di sicurezza urbana, che il Governo definisce «analoghe fattispecie»;
tuttavia, non può non esser rilevato che tale conclusione non appare ai firmatari del presente atto di indirizzo corretta, dal momento che non si tratta affatto di «analoghe fattispecie»: il caso citato dal Governo, infatti, riguarda ordinanze aventi natura provvedimentale, mentre le trascrizioni sono evidentemente atti dichiarativi per i quali la legge prevede esclusivamente il ricorso giurisdizionale di cui all’articolo 95 del regolamento di stato civile;
a rafforzare tale certezza vi è l’articolo 12, comma 6, del regolamento di stato civile, il quale recita: «Gli atti dello stato civile sono chiusi con la firma dell’ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura gli atti non possono subire variazioni». Non avrebbe rilievo, quindi, il profilo della subordinazione o meno del sindaco quale ufficiale di stato civile, essendo chiaro il dettato legislativo;
inoltre, l’articolo 100 del regolamento dispone: «I tribunali della Repubblica sono competenti a disporre le rettificazioni e le correzioni di cui ai precedenti articoli anche per gli atti dello stato civile ricevuti da autorità straniere, trascritti in Italia ed a provvedere per la cancellazione di quelli indebitamente trascritti (…)»;
è paradossale, peraltro, che venga ignorato il corretto dato normativo, in quanto nel massimario per l’ufficiale di stato civile del Ministero dell’interno, adottato con decreto ministeriale nel 2012, compare al paragrafo 15.1.1 (pagina 166): «cancellazione di un atto. Quando si voglia procedere alla “cancellazione di un atto indebitamente registrato” negli archivi dello stato civile, considerato che non può esserne effettuata la materiale cancellazione, la legge prescrive che si faccia ricorso a iniziativa del pubblico ministero (eventualmente su segnalazione dello stesso ufficiale di stato civile) alla procedura di rettificazione di cui agli articoli 95 e 96 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, rimettendo la competenza a decidere esclusivamente all’autorità giudiziaria. Il relativo decreto deve essere opportunamente annotato sui registri dello stato civile»;
l’articolo 69, comma 1, lettere e) ed i), del regolamento, inoltre, indica tra gli atti di cui è possibile fare annotazione nel registro degli atti di matrimonio solo le «sentenze con le quali si pronuncia l’annullamento della trascrizione dell’atto di matrimonio» ed i «provvedimenti di rettificazione», ma non altri atti (come le circolari ministeriali o i decreti prefettizi) con il medesimo effetto;
a fugare ulteriormente ogni dubbio soccorre il decreto ministeriale del 5 aprile 2002 (recante «Approvazione delle formule per la redazione degli atti dello stato civile»), il quale, nel prescrivere le formule tassative di annotazione (tali secondo gli articoli 11, comma 3, e 12, comma 1, del regolamento di stato civile), così recita all’allegato A con la formula n. 190, unica dedicata alla rettificazione: «Annotazione di provvedimento di rettificazione (articoli 49, 69 e 81 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396). Con provvedimento del Tribunale di … n. … in data … l’atto di cui sopra è stato così rettificato: (inserire specificamente le rettificazioni così come sono state disposte)…». Non compare cioè in alcun modo un potere costituito in capo al Ministro, al prefetto o a qualsiasi altro ufficiale di stato civile di intervenire sopra i registri, manomettendone così l’autenticità;
è evidente, dunque, che la circolare del Ministro dell’interno, prima, e l’intervento dei prefetti, poi, a Milano come in altri comuni, non appaiono corretti sotto il profilo giuridico, perché violano la legge e vanno a ledere prerogative e compiti propri della procura della Repubblica ex articolo 75 dell’ordinamento giudiziario;
rispondendo all’interpellanza urgente sopra citata, il Governo ha anche concluso di non rinvenire i presupposti per il ritiro della circolare n. 40o/ba030/011/DAIT del 7 ottobre 2004. Tuttavia, alla luce degli inconfutabili elementi di diritto evidenziati, la circolare appare ai firmatari del presente atto di indirizzo del tutto illegittima e, dunque, lo è anche continuare a mantenerla in vigore;
con tale circolare, infatti, viene integrata una grave violazione della Costituzione (competenze dell’ordinamento giudiziario), nonché della legge (ordinamento di stato civile) in sede di applicazione di norme con riferimento alle sole persone omosessuali;
i sindaci hanno applicato in maniera corretta, dunque, il regolamento di stato civile, che prevede la trascrizione come atto di pubblicità e certificazione e non come atto costitutivo;
appare, altresì, assolutamente lecita la condotta dei sindaci che, nel rispetto della legge, non si sono attenuti alla circolare ministeriale n. 40o/ba-030/011/DAIT del 7 ottobre 2014, in quanto, come insegna la costante giurisprudenza, l’interpretazione delle disposizioni contenute nelle circolari non vincola né i sindaci né i giudici e, cosa più importante, non costituisce fonte del diritto (per tutte: Corte di Cassazione, sentenza n. 5137 del 2014; Consiglio di Stato, sentenza n. 5506 del 2000),
impegna il Governo
a ritirare con urgenza la circolare ministeriale n. 40o/ba-030/011/DAIT del 7 ottobre 2014, emanata dal Ministro dell’interno.
(1-00719)
«Scotto, Quaranta, Costantino, Fratoianni, Airaudo, Franco Bordo, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti». Gruppo SEL
(presentata il 21 gennaio 2015)
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MOZIONE DI DEPUTATI DEL GRUPPO MISTO CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI TRASCRIZIONE DEI MATRIMONI CONTRATTI ALL’ESTERO TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO
La Camera,
premesso che:
a seguito della pronuncia del tribunale di Grosseto, che ha disposto la trascrizione di un matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero alcuni sindaci, insieme ad alcuni funzionari comunali, si sono interrogati sui presupposti giuridici e sulla effettiva legittimità di effettuare quella trascrizione;
ad avviso esistono ragioni in diritto che consentono di ritenere legittima e dovuta la trascrizione di tali matrimoni da parte del sindaco;
a tal fine, è necessario inquadrare l’istituto della trascrizione del matrimonio nel nostro sistema e prendere in considerazione quanto stabilito dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 4184 del 2012;
appare necessario chiarire la reale portata dei decreto del tribunale di Grosseto, che ha disposto la trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto nello Stato di New York. Fino alla sentenza della Cassazione n. 4184 del 2012, gli ostacoli alla trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso erano prevalentemente due:
a) la sua inesistenza;
b) la sua contrarietà all’ordine pubblico;
quanto alla questione dell’inesistenza del matrimonio tra persone dello stesso sesso, la Cassazione ha chiarito che in base al disposto dell’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza) e dell’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU), come interpretato dalla Corte europea dei diritti umani, nella nozione di matrimonio rientra anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso;
il «presupposto naturalistico della fattispecie» ossia la diversità di sesso dei nubendi, non è più necessario per configurare l’esistenza giuridica del matrimonio. Quanto alla contrarietà all’ordine pubblico del matrimonio tra persone dello stesso sesso – rilevante sia in base all’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello Stato civile, sia in base all’articolo 65 della legge n. 218 del 1995, in materia di diritto internazionale privato – essa va esclusa. In base alla sentenza della Corte di cassazione n. 4184 del 2012 «l’intrascrivibilità di tale atto [matrimonio tra persone dello stesso sesso] dipende non già dalla sua contrarietà all’ordine pubblico» (par. 2.2.3., motivazione in diritto), bensì dalla possibilità di riconoscere gli effetti di questo atto di matrimonio all’interno del nostro Paese;
secondo la Cassazione – lo si ribadisce – è invece possibile riconoscere l’esistenza e la validità di tali matrimoni in quanto la nozione di matrimonio alla luce di ben due Carte sovranazionali, quali sono la Carta di Nizza e la CEDU, che fanno pienamente parte del nostro ordinamento giuridico, si è modificata fino a comprendere anche quello tra persone dello stesso sesso;
la trascrivibilità del matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero si deve valutare alla luce dell’ordine pubblico internazionale: come posto in rilievo dalla Cassazione, 26 aprile 2013, n. 10070 (nel richiamare anche Cassazione, 6 dicembre 2002, 17349 e Cassazione, 23 febbraio 2006, n. 4040), il concetto di ordine pubblico a fini internazionalprivatistici si identifica con quello indicato con l’espressione «ordine pubblico internazionale», da intendersi «come complesso di principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo» (Cassazione n. 19405 del 2013). In base a quanto stabilito dalla Cassazione nella citata sentenza, si può affermare che l’ordine pubblico internazionale non è la protezione esterna dei principi generali dell’ordinamento italiano desumibili dalle norme vigenti nel nostro Paese e dalla Costituzione, bensì la sintesi dei principi fondamentali caratter
izzanti il nostro ordinamento giuridico che è inserito in «un sistema plurale» di fonti rispetto al quale «non si può ignorare la sinergia che proviene dall’interazione delle fonti sovranazionali con quelle nazionali» segnatamente la Carta di Nizza e la CEDU, parti integranti del nostro ordinamento ai sensi degli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione (Cassazione n. 19405 del 2013);
la nozione di matrimonio che noi riteniamo conforme a diritto nel nostro ordinamento giuridico – secondo quanto affermato in conclusione dalla Cassazione nella sentenza n. 4184 del 2012 – comprende anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso, in sintonia con quanto previsto dalla Carta di Nizza e dalla CEDU, non è più possibile ritenere contrario all’ordine pubblico internazionale italiano il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero di cui si chieda la trascrizione in Italia;
l’unico ostacolo alla trascrizione è l’inidoneità del matrimonio tra persone dello stesso sesso a produrre effetti nel nostro ordinamento. In altri termini, secondo la Cassazione pur essendo esistente e valido, il matrimonio tra persone dello stesso sesso non produrrebbe effetti in Italia. Tale aspetto della sentenza della Cassazione è stato superato dal tribunale di Grosseto, facendo notare come il matrimonio tra persone dello stesso sesso non sia privo di efficacia, perché produce effetti nell’ordinamento in cui è stato celebrato, Aggiunge poi – il tribunale di Grosseto – che la diversità di sesso non è requisito espressamente previsto per contrarre matrimonio nel nostro codice civile;
non vi è coincidenza tra la pronuncia della Cassazione e quella del tribunale di Grosseto: in base alla prima decisione gli effetti del matrimonio si devono produrre nel nostro Paese, mentre per il tribunale sembrerebbe bastare la produzione di effetti nel Paese in cui il matrimonio è stato celebrato. Di seguito, si cercherà di dimostrare come il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia produttivo di effetti anche nel nostro Paese e che la trascrizione del matrimonio – una volta chiarita la sua funzione certificativa – è strumento necessario ai coniugi per consentire loro di far valere lo status coniugale in tutti i Paesi in cui è previsto il matrimonio tra persone dello stesso sesso;
la funzione della trascrizione del matrimonio secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di trascrivibilità in Italia di matrimonio celebrato all’estero, ciò che è preminente è la constatazione della validità del matrimonio da trascrivere in base al principio locus regit actum dal momento che: le norme di diritto internazionale privato…, attribuiscono ai matrimoni celebrati all’estero tra cittadini italiani ovvero tra italiani e stranieri immediata validità e rilevanza nel nostro ordinamento, sempre che essi risultino celebrati secondo le forme previste dalla legge straniera – e quindi spieghino effetti civili nell’ordinamento interno dello Stato straniero (Cassazione civile, n. 10351 del 1998);
a questo primo requisito se ne aggiunge un secondo, ossia la sussistenza dei requisiti per contrarre matrimonio ai sensi dell’articolo 115 del codice civile. Secondo il tribunale di Grosseto, tra i requisiti previsti espressamente dal codice civile per celebrare matrimonio non vi è la differenza di sesso tra i nubendi. L’assenza di un tale riferimento nel passato veniva intesa come un vuoto normativo dovuto alla «tradizionale» necessità della differenza di sesso tra i nubendi. In tal senso, si è espressa la Corte costituzionale nella sentenza n. 138 del 2010, pur non escludendo la possibilità che legislativamente venga superato il tratto caratterizzante del matrimonio consistente nella differenza di sesso tra i nubendi, ricavabile da un’interpretazione sistematica del codice civile;
secondo la Consulta, il requisito della differenza di sesso, a suo avviso necessario per la validità del matrimonio, si desumerebbe da un’interpretazione sistematica delle norme codicistiche in materia matrimoniale. Tale interpretazione della Consulta, peraltro espressa in una sentenza di rigetto e quindi vincolante soltanto nel giudizio a quo, va ora riconsiderata alla luce delle precisazioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione n. 4184 del 2012;
la nozione di matrimonio va riconsiderata seguendo seguendo le indicazioni della Carta di Nizza e della CEDU, come interpretata dalla Corte di Strasburgo. Pertanto, mentre in passato la differenza di sesso era considerata condizione necessaria per il cittadino italiano al fine di contrarre validamente matrimonio, al contrario oggi – pur nel silenzio del codice civile – la differenza di sesso è irrilevante per l’enucleazione di una nozione di matrimonio nel nostro Paese;
nel caso di matrimonio tra due persone dello stesso sesso celebrato all’estero nei Paesi in cui è possibile, l’atto matrimoniale è valido tanto all’estero tanto in Italia, poiché la differenza di sesso, va più considerata una condizione necessaria per contrarre matrimonio ai sensi dell’articolo 115 del codice civile. In definitiva, rispettate le forme del Paese di celebrazione e constatata la validità del matrimonio tra persone dello stesso sesso, occorre trascrivere tale matrimonio;
più volte la Cassazione ha dichiarato trascrivibili i matrimoni tra persone di sesso diverso celebrati all’estero anche quando potevano essere considerati nulli o annullabili o semplicemente inefficaci, poiché la trascrizione – per giurisprudenza costante della Cassazione – «non ha natura costitutiva, ma meramente certificativa e scopo di pubblicità di un atto già di per sé valido» dal momento che essa è «diretta unicamente a rendere pubblico che il cittadino ha contratto all’estero un matrimonio ritenuto valido dall’ordinamento locale»;
in base alla sentenza n. 4184 del 2012, per il matrimonio tra persone dello stesso sesso sembra doversi operare un’eccezione all’interpretazione corrente delle norme in materia di trascrizione: un matrimonio siffatto non sarebbe trascrivibile in quanto inidoneo radicalmente a produrre effetti nel nostro Paese. Vedremo come questa affermazione sia smentita dai fatti e dall’iscrizione del nostro ordinamento nel sistema del diritto europeo;
l’idoneità del matrimonio a produrre effetti in Italia, nell’Unione europea e in paesi extra Unione europea. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso produce effetti nel nostro ordinamento tutte le volte in cui occorra far applicazione di norme di fonte europea, nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 9 della Carta
di Nizza. È quanto ha precisato il tribunale di Reggio Emilia, con decreto del 13 febbraio 2012, in un caso di ricongiungimento familiare tra un cittadino italiano e un cittadino non comunitario coniugati all’estero. A seguito di quella pronuncia il Ministero dell’interno ha emanato una circolare diretta a tutte le questure italiane in forza della quale ormai sono decine le coppie formate da persone dello stesso sesso, di cui una cittadina non comunitaria, che hanno ottenuto il ricongiungimento familiare. Dunque, non è vero che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non produca effetti nel nostro ordinamento. Produce effetti nel nostro ordinamento tutte le volte in cui lo status coniugale sia il presupposto per l’applicazione in Italia di norme di fonte europea per le quali la differenza di sesso tra i coniugi non è più un requisito per la validità e l’efficacia del matrimonio stesso ai sensi dell’articolo 9 Carta di Nizza;
dal punto di vista del diritto europeo e del diritto internazionale privato italiano, sono diverse le ragioni per le quali occorre disporre la trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso produce effetti quando uno dei due coniugi non è un cittadino comunitario, poiché consente l’ottenimento del ricongiungimento familiare, facendo applicazione in Italia di norme di origine europea. Seguendo la logica della Corte di cassazione, un tale matrimonio è sicuramente trascrivibile. Ma se è così, non trascrivere il matrimonio quando i coniugi siano entrambi cittadini italiani, comporterebbe a loro carico una discriminazione fondata (non sull’orientamento sessuale, bensì) sulla cittadinanza: si riserverebbe ai cittadini italiani un trattamento peggiore rispetto a cittadini di Paesi non comunitari. Quindi, data la sicura trascrivibilità del matrimonio tra un cittadino italiano e un cittadino non comunitario, a mente della sentenza della Cassazione n. 4184 del 2012, occorre trascrivere anche un matrimonio tra due italiani o tra due cittadini europei o tra un italiano e un cittadino europeo, onde evitare una discriminazione fondata sulla cittadinanza;
nel far applicazione del diritto europeo, quando il presupposto della norma è la sussistenza dello stato coniugale, non sarà rilevante la differenza di sesso dei nubendi, pena la violazione dell’articolo 9 della Carta di Nizza. Pertanto, quando si tratterà di dare effetti in Italia a norme di origine europea, il matrimonio tra persone dello stesso sesso avrà efficacia nel nostro Paese;
poiché lo stato coniugale è possibile provarlo solo servendosi dell’atto di matrimonio iscritto (o trascritto come nel caso che andiamo analizzando) nel registro dei matrimoni dall’ufficiale dello stato civile, eccetto i casi di distruzione o smarrimento, trascrivere il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero significa dare la possibilità di provare l’esistenza dello status coniugale e godere di tutti i benefici e le tutele derivanti dall’applicazione in Italia di norme europee;
tenendo conto della funzione certificativa della trascrizione, occorre considerare che il diritto di libera circolazione delle persone nell’Unione europea comporta anche il diritto di circolare con il proprio status, nel nostro caso coniugale. Non si può trascurare di considerare, infatti, che cittadini italiani dello stesso sesso che hanno contratto matrimonio all’estero potrebbero circolare in quei Paesi europei in cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso è valido ed efficace. In tali casi, sarà necessario per loro dare la prova del loro status e la certificazione che la trascrizione garantisce sarà un presupposto necessario per poter godere pienamente del loro diritto di libera circolazione in quanto cittadini europei;
non si può trascurare come in moltissime relazioni giuridiche lo status coniugale, acquisito da due cittadini italiani dello stesso sesso in un Paese dove ciò è possibile, può essere rilevante. Si pensi al caso di altro cittadino di uno Stato estero in cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso è possibile e che viva in Italia, il quale voglia accertarsi se può o meno contrarre matrimonio con uno dei due coniugi, qualora sia vietato nel suo Paese di origine (o, al pari del nostro ordinamento, addirittura sanzionato penalmente) il contrarre matrimonio con una persona già coniugata. Oppure, pensiamo al caso di un creditore straniero che voglia accertare, procedendo a esecuzione in Italia, il regime patrimoniale dei due coniugi dello stesso sesso. In tutti questi casi le risultanze dello stato civile sono essenziali a garantire in un mondo globalizzato la certezza delle relazioni giuridiche;
a nostro avviso la trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso cittadini italiani appare possibile in quanto tale matrimonio non è da considerare in contrasto con l’ordine pubblico internazionale alla luce del sistema plurale delle fonti che caratterizza l’ordinamento italiano. Inoltre la stessa trascrizione appare necessaria al fine di:
a) evitare una discriminazione fondata sulla cittadinanza ai danni dei coniugi dello stesso sesso, che siano cittadini italiani, in quanto il matrimonio tra persone dello stesso sesso di cui un cittadino non comunitario è certamente trascrivibile in quanto esistente, valido, non contrario all’ordine pubblico e efficace nel nostro Paese, dal momento che il cittadino non comunitario in forza del suo status coniugale può ottenere il ricongiungimento familiare con il proprio coniuge;
b) evitare una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale tutte le volte in cui lo status coniugale sia presupposto necessario per l’applicazione in Italia di norme di fonte europea, dal momento che l’articolo 9 della Carta di Nizza non contempla la differenza di sesso come requisito necessario per esercitare il diritto a sposarsi;
c) assicurare anche ai cittadini italiani la pienezza del diritto alla libertà di circolazione di cui sono titolari i cittadini europei, sancita dai trattati istitutivi dell’Unione europea, dal momento che sarà necessaria la prova del proprio status coniugale, attraverso la certificazione anagrafica dello stato civile, in tutti quei Paesi europei in cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso è permesso;
d) garantire la certezza delle relazioni giuridiche – finalità tipica cui assolve la funzione certificativa della trascrizione in parola – in cui lo status coniugale sia rilevante o perché coinvolgente un cittadino di un Paese in cui anche due persone dello stesso sesso possono contrarre matrimonio o perché occorre applicare in Italia norme di Paesi in cui due persone dello stesso sesso possono sposarsi;
impegna il Governo
ad adottare atti normativi in conformità a disposizioni sovraordinate in base al principio di gerarchia delle fonti in modo che il diritto soggettivo dei cittadini non sia conculcato da atti che, ad avviso dei firmatari del presente atto, violano norme e principi sovraordinati agli atti amministrativi interni all’amministrazione statale.
(1-00885) «Bechis, Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni».
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MOZIONE DI DEPUTATI DEL GRUPPO AREA POPOLARE (NCD-UDC), CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI TRASCRIZIONE DEI MATRIMONI CONTRATTI ALL’ESTERO TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO
La Camera,
premesso che:
nel mese di ottobre 2014 il Ministro dell’interno ha emanato la circolare sul tema della trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso. La circolare rivolta ai prefetti della Repubblica ed ai commissari del Governo per la provincia di Trento e di Bolzano prevede, in particolare, che: ove risultino adottate direttive da parte dei sindaci in materia di trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero e nel caso in cui gli stessi sindaci abbiano dato esecuzione alle suddette trascrizioni, i prefetti devono rivolgere ai sindaci formale invito al ritiro di tali disposizioni ed alla loro cancellazione. In caso di inerzia da parte dei sindaci si deve procedere al successivo annullamento d’ufficio degli atti suddetti illegittimamente adottati;
la circolare è sostanzialmente corretta, in quanto, ai sensi dell’articolo 27, comma primo, della legge n. 218 del 1995, la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio. Si sottolinea, al proposito, che il codice civile italiano (articolo 107) prevede che: «la diversità di sesso dei nubendi rappresenti un requisito necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell’ordinamento interno»;
tutto ciò è affermato anche dalla Corte di cassazione e dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 138 del 2010;
una soluzione diversa non è contemplata nemmeno dal diritto europeo (articolo 12 del CEDU e articolo 9 della Carta di Nizza) che rimette ai legislatori nazionali le scelte in ordine alla disciplina del matrimonio;
è inoltre da sottolineare che il requisito della diversità di sesso, previsto dal citato articolo 107 del codice civile, nonché da altre disposizioni dello stesso codice, è tradizionalmente e costantemente annoverato dalla dottrina e dalla giurisprudenza tra i requisiti indispensabili per l’esistenza del matrimonio. Infatti, l’istituto del matrimonio nel nostro ordinamento si configura come un istituto pubblicistico diretto a disciplinare determinati effetti che il legislatore tutela come diretta conseguenza di un rapporto di convivenza tra persone di sesso diverso (filiazione, diritti successori, legge in tema di adozioni);
la Costituzione, all’articolo 29, primo comma, prevede che: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» e nel secondo comma aggiunge che: «il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare». Si deve pertanto ribadire che la norma suddetta, anche durante il dibattito sviluppatosi nell’Assemblea Costituente, non prese in considerazione le unioni omosessuali, ma al contrario intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto;
i Costituenti, nell’elaborazione dell’articolo 29 della Costituzione, discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un’articolata disciplina nell’ordinamento civile. Pertanto, in assenza di diversi riferimenti è inevitabile concludere che essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che stabiliva e tuttora stabilisce che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso, è orientato anche il secondo comma della disposizione citata che, affermando il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti nel rapporto coniugale;
occorre, inoltre, sottolineare come la Corte costituzionale, dopo aver trattato del matrimonio abbia ritenuto necessario occuparsi della tutela dei figli (articolo 30), assicurando parità di trattamento anche a quelli nati fuori dal matrimonio, sia pur compatibilmente con i membri della famiglia legittima. La giusta e doverosa tutela, garantita ai figli naturali, nulla toglie al rilievo costituzionale attribuito alla famiglia legittima ed alla potenziale finalità procreativa che vale a differenziare il matrimonio dall’unione omosessuale;
il Governo, tra l’altro, nel rispondere all’interpellanza 2-00794, ha chiarito come la normativa vigente attribuisca inequivocabilmente la funzione di stato civile alla competenza dello Stato. La normativa attuale, infatti, prevede che le funzioni di stato civile vengano svolte dallo Stato che esercita la competenza in ambito territoriale attraverso il sindaco quale ufficiale di Governo. In tale veste il sindaco è tenuto, ai sensi dell’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno nella sua qualità di organo avente la titolarità primaria in materia. Parimenti sintomatica è la disposizione che prevede che la vigilanza sugli uffici dello stato civile spetta al prefetto;
pertanto, in una relazione del tipo di quella appena evidenziata, risulta del tutto appropriato l’esercizio da parte del prefetto di annullam
ento che è tipica manifestazione di una sovraordinazione gerarchica. Quindi il prefetto esercita un suo potere proprio in virtù delle norme previste dall’ordinamento;
il Ministro dell’interno, con la circolare del 7 ottobre 2014, ha sensibilizzato i prefetti a rivolgere un formale invito ai sindaci sia al ritiro di eventuali direttive emanate in materia di trascrizione dei matrimoni di persone dello stesso sesso celebrati all’estero, sia alla cancellazione delle conseguenti trascrizioni, qualora effettuate, proprio perché in contrasto con la normativa statale interna e, quindi, non solo con la norma primaria, ma anche con le circolari;
nel nostro Paese, pertanto, anche sulla base delle considerazioni svolte, non è possibile che ci si sposi tra persone dello stesso sesso. Quindi, nel caso ciò avvenga in qualsiasi forma, i matrimoni contratti non possono essere trascritti nel registro dello stato civile italiano, perché non è consentito dalla legge,
impegna il Governo
ad intraprendere nel solco della circolare del Ministro dell’interno del 7 ottobre 2014, ogni opportuna iniziativa volta a garantire la corretta tenuta dei registri dello stato civile, al fine di evitare che, in sede di trascrizione degli atti di matrimonio, siano poste in essere attività in contrasto con la disciplina normativa dell’istituto del matrimonio medesimo, fondata sulla diversità di sesso dei coniugi, secondo il dettato dell’articolo 29 della Costituzione e il consolidato orientamento dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione.
(1-00887) «Lupi, Binetti, Pagano».
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MOZIONE DEI DEPUTATI GIGLI, DELLAI, SBERNA CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI TRASCRIZIONE DEI MATRIMONI CONTRATTI ALL’ESTERO TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO
La Camera,
premesso che:
la normativa nazionale, che non consente la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sua trascrizione nei registri dello stato civile, è stata ritenuta costituzionalmente legittima;
ai sensi del codice civile, la diversità di sesso dei nubendi costituisce un requisito sostanziale necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell’ordinamento interno, posto che, allo stato, l’istituto del matrimonio si fonda sulla diversità di sesso dei coniugi, come si evince dall’articolo 107 del codice civile;
con sentenza n. 138 del 2010 la Corte costituzionale ha affermato che l’articolo 29 della Costituzione si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato con interpretazioni creative, né, peraltro, con specifico riferimento all’articolo 3, comma 1, della Costituzione, le unioni omosessuali possono essere ritenute tout court omogenee al matrimonio;
con sentenza n. 170 dell’11 giugno 2014, la Corte costituzionale è intervenuta sulla normativa che prevede l’automatica cessazione degli effetti civili del matrimonio in caso di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi, affermando che «la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela l’articolo 29 della Costituzione) è quella stessa definita dal codice civile del 1942 che stabiliva e tuttora stabilisce che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso, segnalando il requisito dell’eterosessualità del matrimonio»; la Corte costituzionale ha stabilito che tra le formazioni sociali di cui all’articolo 2 della Costituzione, in grado di favorire il pieno sviluppo della persona umana nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico, rientra anche l’unione omosessuale, ma ha evidenziato che spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità politica, individuare con atto di rango legislativo le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, scegliendo, in particolare, se equiparare tout court il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, ovvero introdurre forme diverse di riconoscimento giuridico della stabile convivenza della coppia omosessuale;
allo stato dell’attuale normativa nazionale italiana, il matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali necessari per procedere alla sua trascrizione, ai sensi dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, come confermato dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che «l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano» (Corte di Cassazione, sentenza n. 4184 del 2012);
la disciplina nazionale risulta perfettamente coerente con la normativa internazionale ed europea. L’articolo 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali individua il diritto di contrarre matrimonio tra i diritti umani fondamentali della persona, stabilendo inequivocabilmente che «l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto», mentre l’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza) demanda alle legislazioni nazionali il compito di disciplinare l’esercizio di questo diritto;
tutto ciò trova conferma anche nella giurisprudenza citata e in quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, che, con pronuncia del 24 giugno 2010, ha affermato che il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di adempiere le formalità richieste per la celebrazione di un matrimonio tra persone dello stesso s
esso non contrasta con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, osservando che il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali radicate che possono differire molto da una società all’altra, sicché va rimessa ai legislatori nazionali di ciascuno Stato aderente la decisione di permettere o meno il matrimonio omosessuale e la conseguente decisione in merito alla trascrivibilità o meno dello stesso; in questo quadro la circolare del 7 ottobre 2014 del Ministro dell’interno, per arginare iniziative dei sindaci che, in quanto ufficiali di Governo, sovrintendono alla tenuta dei registri di stato civile, ha fornito direttive relative all’intrascrivibilità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso derivante «dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano», in considerazione del difetto di un requisito sostanziale richiesto dalla normativa vigente in materia di stato e capacità delle persone (la diversità di sesso dei nubendi), che non può essere superato dalla mera circostanza dell’esistenza di una celebrazione valida secondo la lex loci ma priva dei requisiti sostanziali prescritti dalla legge italiana relativamente allo stato e alla capacità delle persone;
con la stessa circolare il Ministro ha, altresì, disposto che i prefetti invitino i sindaci ad annullare tali trascrizioni;
in data 18 ottobre 2014 il sindaco del comune di Roma ha provveduto alla trascrizione nel registro dei matrimoni presso l’ufficio di stato civile del comune di Roma di un matrimonio contratto a Barcellona (Spagna) il 18 settembre 2010;
con decreto del 31 ottobre 2014, prot. n. 247747/2014, il prefetto della provincia di Roma ha disposto l’annullamento delle trascrizioni nel registro dello stato civile di Roma capitale dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero, ordinando all’ufficiale di stato civile di Roma capitale di provvedere a tutti i conseguenti adempimenti materiali nei registri dello stato civile;
in data 9 marzo 2015 il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto un ricorso presentato per l’annullamento del decreto prefettizio; su un caso identico e sostanzialmente contestuale si è pronunciato il 21 maggio 2015 anche il tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, annullando anche in questo caso il decreto prefettizio;
la sentenza del tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia precisa in termini chiari che:
a) «17.2. La trascrizione effettuata dal sindaco di Udine quale ufficiale di governo risulta, quindi, illegittima perché esulante dai suoi poteri e doveri, contraria alla legge e contrastante con le direttive del suo superiore gerarchico, il Ministro dell’interno, e in ultima analisi poco rispettosa – ancorché inconsapevolmente – del riparto tra i poteri dello Stato definito dalla Costituzione repubblicana;
b) 17.3. La doverosa rimozione peraltro di tale illegittima trascrizione non può avvenire con l’intervento del prefetto, che non ha alcun potere a riguardo, ma solamente ad opera dell’autorità giudiziaria ordinaria ex articolo 95 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, in sede di volontaria giurisdizione, con l’intervento del pubblico ministero, cui spetta la tutela dell’interesse pubblico al rispetto della legalità in materia di stato civile»;
la giurisprudenza ha più volte affermato che nelle materie di competenza statale, nelle quali il sindaco agisce nella veste di ufficiale del Governo, spetta al prefetto promuovere ogni misura idonea a garantire l’unità di indirizzo e di coordinamento, promuovendo le misure occorrenti e svolgendo, così, una fondamentale funzione di garante dell’unità dell’ordinamento in materia, anche esercitando «il potere di annullamento d’ufficio degli atti adottati dal sindaco quale ufficiale di governo, che risultano essere illegittimi o che comunque minano la menzionata unità di indirizzo»; tuttavia, la disciplina dello stato civile prevede che «nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non è ordinata dall’autorità giudiziaria» (articolo 453 del codice civile);
il sistema dello stato civile, pertanto, prevederebbe puntuali possibilità di intervento sui registri dello stato civile, tra cui non è compresa quella posta in essere dal prefetto, per cui, in sostanza, un intervento quale quello posto in essere nel caso di specie dall’amministrazione centrale competerebbe solo all’autorità giudiziaria;
dal combinato disposto degli articoli 5, comma 1, lettera a), e 95, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 non si prevedono, pertanto, competenze o poteri di annullamento o di autotutela aventi ad oggetto la trascrizione di matrimoni, ma solo la possibilità di disporre l’annotazione di rettificazioni operate dall’autorità giudiziaria;
in definitiva, una trascrizione nel registro degli atti di matrimonio può essere espunta e/o rettificata solo in forza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria e non anche adottando un provvedimento amministrativo da parte dell’amministrazione centrale, neanche esercitando il potere di sovraordinazione che, effettivamente, il Ministro dell’interno vanta sul sindaco in tema di stato civile; quindi, in base al principio della riserva di legge dettato in materia (si confronti l’articolo 97, terzo comma, della Costituzione), affinché un organo amministrativo possa annullare d’ufficio un provvedimento adottato da un altro organo, occorre un’espressa previsione di legge;
in data 27 marzo 2015, rispondendo ad una interpellanza urgente sul medesimo caso, il Vice Ministro dell’interno sottolineava come l’amministrazione dell’interno, rispondendo a vari atti di sindacato ispettivo, avesse espresso l’avviso della sussistenza in capo al prefetto – fermo restando il potere dell’autorità giudiziaria – della titolarità del potere di annullamento d’ufficio delle trascrizioni illegittimamente eseguite; potere collegato direttamente alle funzioni di vigilanza del prefetto sull’ordinata tenuta dei registri dello stato civile e costituente la tipica manifestazione di una sovraordinazione gerarch
ica del prefetto medesimo al sindaco quale ufficiale di Governo;
il membro del Governo confermava che l’orientamento del Ministero dell’interno sulle unioni omosessuali e sulla trascrizione di quelle celebrate all’estero era ispirato al presupposto che l’intera disciplina dell’istituto del matrimonio sia fondata sulla diversità di sesso dei coniugi e che le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio, né sono destinatarie della medesima disciplina dettata per quest’ultimo, ragion per cui, come precisato dalla Corte di Cassazione, il matrimonio omosessuale è inidoneo a produrre lo stesso effetto giuridico nell’ordinamento nazionale; il Vice Ministro affermava, inoltre, che le coppie omosessuali non possono, al momento, far valere né il diritto a contrarre matrimonio, né il diritto alla trascrizione delle unioni celebrate all’estero, sottolineando che anche il tribunale amministrativo regionale del Lazio, nella citata sentenza, si è conformato a questo consolidato orientamento;
nelle conclusioni della risposta all’atto di sindacato ispettivo rilevava, altresì, che l’ordinamento già prevede la possibilità per l’interessato di ottenere la cancellazione di un atto indebitamente trascritto nei registri dello stato civile, proponendo ricorso al tribunale competente e che un analogo potere di iniziativa compete anche al procuratore della Repubblica;
in conclusione, tenuto conto degli interventi richiamati e delle recenti pronunce giurisprudenziali, emerge l’esigenza in uno Stato diritto di rimuovere gli atti pubblici illegittimi con le procedure previste dall’ordinamento, evitando oneri che gravino sul contribuente per le attività che si devono porre in essere per ripristinare la legalità. A tal proposito è sintomatico sottolineare che il tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha già ritenuto di disporre la trasmissione degli atti di causa alla procura regionale della Corte dei conti per la somma stanziata dal comune di Udine per intervenire a supporto del ricorrente nella richiesta di annullamento del decreto del prefetto (punto 3.8 della sentenza),
impegna il Governo
ad adottare iniziative, anche di rango normativo, volte a prevedere la nullità delle trascrizioni sui registri dello stato civile dei matrimoni contratti all’estero da persone dello stesso sesso al fine di evitare il perpetuarsi di atti contrari alla legge.
(1-00890) «Gigli, Dellai, Sberna».
(8 giugno 2015)
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