Il matrimonio same sex celebrato all’estero da una coppia italo-straniera va trascritto in Italia come unione civile. Ma la giurisprudenza è chiamata a un’opera adeguatrice della legge sulle unioni civili in funzione antidiscriminatoria

Con sentenza n. 11696 depositata il 14 maggio scorso, la Corte di cassazione ha stabilito che, così come è espressamente previsto dalla legge per le coppie coniugate all’estero formate da cittadini esclusivamente italiani, anche per le coppie same sex italo-straniere che si siano sposate fuori dall’Italia (cc.dd. “coppie miste”) si applica la ‘conversione’ in unione civile, nel momento in cui richiedano in Italia la trascrizione dell’atto di matrimonio.

Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford, con l’impegno dei soci avv.ti Giacomo Cardaci, Manuel Girola e Vincenzo Miri, ha seguito tutti i gradi del giudizio ed è intervenuta nel giudizio di cassazione soprattutto per censurare i profili di criticità e di ambiguità dei decreti attuativi della legge Cirinnà, e salvaguardare la circolazione degli status familiari acquistati all’estero, almeno per i casi in cui la legge nazionale di uno dei coniugi preveda il matrimonio egualitario.

La tesi dell’Associazione non è stata accolta dalla Corte, la quale – lungi dal rilevare una contrarietà all’ordine pubblico del matrimonio same-sex, come sorprendentemente si è letto su alcune testate e articoli di stampa – ha accolto l’impostazione letterale e sistematica più restrittiva, avanzata da una parte della dottrina.

La sentenza accoglie comunque due importanti rilievi svolti da Rete Lenford. La Cassazione ha infatti confermato che il matrimonio same-sex contratto all’estero tra stranieri deve essere trascritto nel registro dei matrimoni, non operando in questo caso la conversione in unione civile; inoltre ha stabilito a chiare lettere che, nei procedimenti di rettifica degli atti dello stato civile, il Sindaco (nella sua qualità di Ufficiale del governo e dello stato civile) non è parte necessaria, dirimendo così una questione procedurale di non poco conto. La Corte ha difatti accolto pienamente la tesi di Rete Lenford che in questi anni nei giudizi di rettificazione si è opposta alla partecipazione del Sindaco, troppo spesso invocata dai Tribunali secondo una erronea interpretazione della legge.

Infine, due brani della pronuncia si lasciano particolarmente apprezzare, soprattutto in prospettiva delle prossime battaglie giudiziarie che Rete Lenford non si stancherà di coltivare: con prosa rispettosa di ogni caratteristica intimamente personale, la Corte ha dapprima affermato che “i principi anche di natura valoriale, costituzionale e convenzionale che, sul fondamento della dignità della persona, della uguaglianza di genere e della non discriminazione tra generi ed in relazione all’orientamento sessuale, determinano l’orizzonte non oltrepassabile dell’ordine pubblico internazionale”; poi, ha ammonito che la disciplina codicistica del rapporto matrimoniale deve “ritenersi, anche in ordine alla funzione adeguatrice della giurisprudenza, il parametro di riferimento antidiscriminatorio”.

Per pungolare quella funzione adeguatrice, Rete Lenford è e sarà in prima linea, per la tutela dei diritti inviolabili di ogni persona LGBTI.

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