Il 15 luglio scorso si è tenuta l’udienza per il “caso Taormina” dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea a Lussemburgo.
La vicenda è nota. L’avvocato ed ex parlamentare Carlo Taormina, nel corso di un’intervista radiofonica nel programma “La Zanzara”, aveva dichiarato di non voler assumere persone omosessuali nel proprio studio legale perché “turberebbe l’ambiente, sarebbe una situazione di grande difficoltà”.
La vicenda era simile ad altre due, già decise dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: la prima accaduta in Belgio e la seconda in Romania.
In entrambi i casi, la Corte di Giustizia aveva ritenuto comportamenti simili a quelli di Taormina violativi delle norme europee a tutela delle discriminazioni.
Così Rete Lenford ha costruito la prima azione giudiziale in Italia per ottenere la condanna di un datore di lavoro, colpevole di aver annunciato politiche discriminatorie nella selezione del personale, sulla base di una caratteristica quale l’orientamento sessuale.
La controversia è cominciata nel 2014 davanti al Tribunale di Bergamo ed è proseguita dinanzi alla Corte d’appello di Brescia. In entrambi i giudizi, la ricostruzione di Rete Lenford è stata condivisa dai giudici: le affermazioni di Taormina sono una discriminazione ai sensi delle norme italiane ed europee contro le discriminazioni sui luoghi di lavoro. Per tale ragione hanno riconosciuto all’associazione un risarcimento del danno di € 10.000.
Purtroppo la vicenda ancora non si è conclusa. Su ricorso di Taormina, il caso è approdato in Cassazione che ha sospeso il giudizio per chiedere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea quale sia la corretta interpretazione delle norme rilevanti in questo caso.
I dubbi espressi dalla Cassazione essenzialmente sono due: 1) può un’associazione come Rete Lenford farsi promotrice di una simile azione giudiziaria e chiedere un risarcimento del danno?; 2) le affermazioni di Taormina sono libera espressione del pensiero o una discriminazione in ambito lavorativo?
Durante l’udienza dello scorso 15 luglio, intorno a queste due domande si è sviluppata la discussione degli avvocati di Rete Lenford e dei difensori di Taormina, alla presenza dell’Avvocata Generale presso la Corte di Giustizia.
Ciò che ha sostenuto Rete Lenford in udienza è facilmente riassumibile: l’Associazione può legittimamente rappresentare gli interessi della collettività LGBTI italiana non tanto e non solo perché si tratta di un’associazione di avvocati, ma perché il suo scopo è promuovere socialmente la cultura LGBTI.
Inoltre, se la discriminazione è la prevaricazione di chi esercita un potere, quelle frasi pronunciate dall’avvocato Taormina non possono non essere considerate discriminatorie.
Chi si candiderebbe per un posto di lavoro in quello studio sapendo di essere una persona omosessuale?
Se quel comportamento non venisse sanzionato, sarebbe implicitamente legittimato e si produrrebbe, dunque, una distorsione del mercato del lavoro. Le autocandidature delle persone omosessuali sarebbero così inibite, anche nel caso in cui si tratti di professionisti meritevoli di ambire a quel posto di lavoro.
Il 24 ottobre prossimo è stata fissata udienza nel corso della quale l’Avvocata generale, Eleanor Sharpstone, presenterà le sue conclusioni. Si tratta di un momento importante per questo procedimento perché solitamente le opinioni dell’Avvocatura generale influenzano profondamente le decisioni finali della Corte europea.
Il caso non ha più una rilevanza solo nazionale. L’interpretazione delle norme antidiscriminatorie che la Corte riterrà corretta sarà vincolante per tutti i giudici dei Paesi membri dell’Unione europea e avrà pertanto un indubbio riflesso sulla possibilità di tutte le associazioni di agire giudiziariamente per la lotta contro le discriminazioni.