In alcune zone di Roma sono stati affissi manifesti omotransfobici che annunciano il passaggio di un autobus anti-gender. Questo autobus, già in circolazione in altre parti del mondo, è stato organizzato da due associazioni italiane anti-LGBTI, anti-femministe, anti-abortiste, e che esprimono la concezione che l’unica famiglia che conta è quella fondata sulla stabile comunione tra un uomo e una donna escludendo quindi tutte le altre famiglie, non solo quelle formate da due persone dello stesso sesso.
Sui manifesti troneggia la scritta “Basta violenza di genere”, cui segue un’immagine di due mani che stringono un paio di baffi e un reggiseno affianco a, rispettivamente, una figura stereotipata di genere femminile e una di genere maschile. In basso si legge: “I bambini sono maschi / Le bambine sono femmine”. Questo messaggio distorce il concetto di violenza di genere ed è, a tutti gli effetti, omotransfobico, poiché discrimina e stigmatizza le persone che non si conformano al binarismo di genere eteronormativo.
Le abbiamo chiesto di verificare se i manifesti affissi in giro per la città con il titolo “Basta violenza di genere” non violino una serie di normative comunali e nazionali a tutela della dignità delle persone.
Alla Sindaca Raggi abbiamo ricordato innanzitutto le disposizioni dello Statuto di Roma Capitale che sanciscono il divieto di qualsiasi forma di discriminazione.
Auspichiamo che l’adesione del Comune di Roma alla Rete RE.A.DY. (Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) non sia un’adesione solo formale. Tale adesione comporta la sottoscrizione di una Carta di intenti e l’impegno a sviluppare azioni positive sul territorio per l’affermazione dei diritti di piena cittadinanza delle persone LGBT e per il superamento delle discriminazioni. Abbiamo quindi sollecitato la Sindaca a verificare se l’iniziativa segnalata sia rispondente a tali principi.
La lettera per la Sindaca di Roma è la prima. A questa faremo seguire analoghe richieste di intervento, indirizzate ai Sindaci dei Comuni dove il “bus della vergogna” farà tappa.
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