Nel 2002 il Comune di Bologna ha istituito la Consulta comunale cittadina delle Associazioni Familiari, con funzioni di impulso e sostegno alla realizzazione, da parte dello stesso Comune, di politiche familiari rispettose del principio di sussidiarietà e dei diritti della famiglia, con attività consultive, propositive e di attivo concorso all’esercizio delle funzioni comunali per quanto riguarda le politiche sociali rivolte alle famiglie.
Da quest’anno, all’interno della Consulta comunale sono presenti anche l’associazione Famiglie Arcobaleno e l’associazione A.GE.D.O.
L’associazione Avvocatura per i diritti LGBT- Rete Lendord esprime soddisfazione per tale partecipazione, che rappresenta un risultato importante e una condizione irrinunciabile affinché la Consulta comunale possa garantire un impegno e azioni finalizzate all’effettivo rispetto della vita familiare di tutte le famiglie: coniugate e di fatto, formate da persone eterosessuali e omosessuali.
L’associazione Avvocatura per i diritti LGBT- Rete Lendord rileva che numerosi quotidiani, nel pubblicare la notizia, hanno riportato dichiarazioni di alcuni esponenti politici che affermano che famiglia sarebbe “esclusivamente l’unione tra due persone di sesso diverso”, ma si tratta di un macroscopico errore, sia dal punto di vista sociale che giuridico.
Che le coppie omosessuali possano considerarsi famiglia, oggi, è pacifico.
Basti ricordare la sentenza della Corte di Strasburgo, Schalk and Kopf v. Austria del 24.06.2010, che ha affermato che anche le unioni omosessuali sono famiglia, e come tali portatrici dei diritti riconosciuti alla famiglia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) . Sviluppando l’orientamento già emerso nella sentenza Karner c. Austria (24.07.2003), la Corte di Strasburgo riconosce che la nozione di vita familiare (e non solo quella di vita privata) comprende anche la coppia omosessuale: “la Corte considera artificioso mantenere l’opinione secondo cui, a differenza della coppia eterosessuale, una coppia di partner dello stesso sesso non potrebbe godere di un diritto alla ‘vita familiare’ ai sensi dell’art. 8. Di conseguenza, il rapporto tra i ricorrenti, due conviventi omosessuali, uniti stabilmente alla stregua di una coppia di fatto, rientra nella nozione di ‘vita familiare’, così come sarebbe se si trattasse di una coppia di persone di sesso opposto che si trovassero nella stessa situazione”.
Basti ricordare, inoltre, che sempre la Corte di Strasburgo, da anni, riconosce tutela alle persone omosessuali in un contesto propriamente familiare in presenza di figli biologici .
Oltre a ciò, che famiglia non sia solo l’unione tra due persone di sesso diverso è pacifico anche per l’ordinamento comunitario, con tutte le conseguenze in termini di prevalenza sugli ordinamenti nazionali. Anche il diritto comunitario (Direttiva 2004/38 CE) infatti, definisce come “componente familiare” il partner di una unione domestica registrata (art. 2).
Alcuni esponenti politici intervistati hanno affermato anche che secondo la Costituzione italiana l’unica famiglia riconosciuta sarebbe quella “fondata sul matrimonio tra persone di sesso diverso”, ma anche in questo caso si tratta di un macroscopico errore, sia dal punto di vista sociale che giuridico.
Premesso che nell’art. 29 della Costituzione non è scritto che l’istituto matrimoniale è riservato solo a persone di sesso diverso, proprio la Costituzione, agli art. 2 e 3, riconosce che il concetto di famiglia non ricomprende solo le persone sposate né solo le persone eterosessuali.
Infatti, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 138 del 2010 ha individuato nella “unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso”, una formazione sociale tutelata dall’art. 2 Cost. e cioè ha espressamente riconosciuto il diritto fondamentale al libero sviluppo della persona anche nell’ambito della coppia omosessuale. La Corte, inoltre, ha affermato la necessità del rispetto del principio di uguaglianza anche in relazione alle unioni omosessuali e ha sostenuto espressamente che all’unione omosessuale spetta non soltanto il diritto “di vivere liberamente una condizione di coppia” ma anche “il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.
L’associazione Avvocatura per i diritti LGBT- Rete Lenford auspica che la conoscenza e il rispetto delle fonti normative, interne e sovranazionali, e della giurisprudenza europea, impegnino tutti contro ogni tentativo di discriminazione a danno delle persone omosessuali e in positivo orientando ogni azione al fine di garantire l’effettivo rispetto della vita familiare di tutte le famiglie.
PER AVVOCATURA PER I DIRITTI LGBT- RETE LENFORD
Avv. Antonio ROTELLI, presidente
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