TORINO. "SIETE GAY, NIENTE PUBBLICAZIONI"

 

 

Pubblicato sul quotidiano La Repubblica di domenica 22 febbraio 2009

di VERA SCHIAVAZZI

«Buongiorno, siamo venute per le pubblicazioni». «E lo sposo dov´è?». «Le spose siamo noi». La scena è già avvenuta e avverrà negli uffici del Comune di Torino e in molti altri in tutta Italia, e il 6 aprile se ne discuterà davanti ai giudici della settima sezione del Tribunale civile, quella che si occupa di diritto di famiglia: è possibile, con le attuali leggi italiane, consentire a due donne o a due uomini di celebrare il matrimonio civile? E´ l´ultima battaglia per i diritti civili delle coppie gay e il riconoscimento delle loro unioni, una battaglia simbolica e politica ma non solo. “Il nostro obiettivo – spiega Michele Poté, l´avvocato che con altri due colleghi torinesi, Cesarina Manassero e Donata Brancadoro, ha aderito alla Rete Lenford, un´associazione tra giuristi nata da un anno – è stimolare un dibattito giuridico e provocare sentenze che potrebbero essere d´aiuto per arrivare finalmente a una legge che tuteli i diritti delle coppie di fatto”. La Rete di avvocati (info su www. retelenford. it) ha dunque diffuso attraverso le associazione gay il suo appello: “Cerchiamo coppie stabili, conviventi da tempo, che desidererebbero sposarsi e che sono disposte a andarlo a dire anche in Tribunale presentando ricorsi basati sulla volontaria giurisdizione”. Sono arrivate le prime domande, soprattutto da coppie di donne. Il 22 gennaio il Tribunale di Saluzzo ha affrontato il primo caso, tra poche settimane arriverà la sentenza: “Le mie clienti si sono presentate prima nel loro Comune, a Marene, poi, di fronte al diniego degli uffici, hanno fatto ricorso. L´avvocatura dello Stato, che in questo caso rappresentava il Comune, ha contestato la nostra istanza scrivendo che ‘il matrimonio è un´istituzione tradizionale basata sulla diversità di sesso´. Ma è proprio la tesi che noi rifiutiamo. Le norme principali su questo tema, a cominciare dall´articolo 29 della Costituzione, non parlano del sesso dei coniugi, ma si limitano a affermare che la famiglia si basa sul matrimonio”.

L´iniziativa di Rete Lenford (il nome ricorda un avvocato giamaicano ucciso per le sue battaglie a difesa dei sieropositivi) è dunque solo in apparenza paradossale. “Il diritto di famiglia ha già più volte ricevuto stimoli importanti dalle sentenze – spiega Poté – e anche di recente mi sono occupato di casi di separazione di persone omosessuali che in precedenza avevano avuto dei figli e ai quali l´ex coniuge voleva negare il diritto di visita proprio sulla base del loro orientamento sessuale. Molti altri casi riguardano la possibilità, piuttosto esile secondo le attuali leggi italiane, di tutelare il proprio compagno o compagna sul piano dell´eredità o del patrimonio. A Saluzzo, a differenza di quanto è avvenuto a Firenze, cioè nell´unico altro caso finora discusso in Italia, il pubblico ministero non si è opposto al nostro ricorso contro il Comune che aveva rifiutato le pubblicazioni di matrimonio alle mie clienti. La parola tocca dunque ai giudici, e la attendiamo con ansia, anche perché in caso di sentenza a noi sfavorevole ricorreremo non solo in Cassazione ma anche in sede europea”. Singolari e eterogenee anche le motivazioni con le quali gli uffici comunali respingono le richieste delle coppie gay (fino ad oggi una ventina in tutta Italia). La più frequente è una formula tecnica, “la richiesta è contraria all´ordine pubblico interno”, ma l´imbarazzo è generale perché la nuova battaglia legale è arrivata a sorpresa, quando nessuno era preparato a rispondere. Anche i tribunali potrebbero non far arrivare nemmeno in aula i ricorsi di queste coppie, respingendo le istanze con un semplice decreto. Ma, almeno in Piemonte, fino ad ora la scelta è stata quella di discutere nel merito. “Sposarsi è un diritto per chi ha un progetto di vita comune e vuole garantire a sé e al compagno di essere tutelato anche in caso di morte o di separazione – conclude Poté – Paesi come l´Olanda, il Belgio e la Spagna lo hanno già affermato con una semplice modifica del codice civile, da noi il legislatore è inerte e tutto lascia credere che lo resterà per un bel po´. Per questo è importante che se ne parli nei Tribunali, noi qui a Torino abbiamo molta fiducia”.

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