Il DDL del governo prevede alcuni benefici per le coppie coabitanti legata da vincoli affettivi, regolarmente iscritte all’anagrafe. Di questa legge potranno usufruire tanto le coppie, dello stesso o di diverso sesso, con uno stabile progetto di vita in comune (more uxorio), quanto due anziani che vogliano dividere le spese o aiutarsi reciprocamente.
Mentre fino ad oggi dall’iscrizione anagrafica – che certifica solo delle situazioni di fatto- non derivavano direttamente diritti, dall’entrata in vigore della legge, se verrà approvata, potranno derivare diritti per quelle coppie che, dichiarando o avendo dichiarato di essere legate da vincoli affettivi, rientreranno nella definizione di « famiglia anagrafica ».
La legge anagrafica non viene per nulla modificata, quindi, la coppia già è iscritte all’anagrafe come famiglia anagrafica, dovrebbe poter godere della legge senza nessuna iscrizione o dichiarazione aggiuntiva. Gli stati di famiglia l’anagrafe li rilascia già da decenni.
Non si è voluto fare una legge specifica per le coppie di fatto o creare un istituto ad hoc con la registrazione solo per le coppie legate da vincoli affettivo-sessuali, però la struttura è certamente nata per essere riservata a quest’ultimo tipo di relazioni, considerati certi diritti che contiene, come le successioni, la reversibilità, il permesso di soggiorno al partner extracomunitario.
La soluzione scelta dal governo contiene diverse contraddizioni e lascia dubbi. Solo per citarne due:
(a) è irragionevole che si applichi a fratello e sorella, ma non a nonno e nipote o a suocera e genero;
(b) è irragionevole che possa applicarsi solo ad una coppia, ma non a tre o più persone. Forse l’unico diritto che potrebbe giustificare la scelta fatta nel DDL è quello relativo alla reversibilità: ma questa già oggi non è riservata solo al coniuge, ma anche ai figli e ai nipoti minori che erano a carico del defunto e, in mancanza di questi, ai genitori, ai fratelli celibi e le sorelle nubili. Il principio che vale è che quando a percepire la reversibilità sono più soggetti, questa viene divisa tra loro, ma il totale della somma elargita non può essere mai superiore al 100% della pensione che era percepita dal defunto. Il principio rimarrebbe lo stesso se ad averne diritto fossero più di una persona convivente con il defunto.
Tuttavia va riconosciuto che il DDL nel complesso è positivo, anche se molto migliorabile, perché prova a dare una prima soluzione ai tanti problemi che ogni giorno vengono posti dalle coppie di fatto, così come pure valorizza le convivenze solidaristico-assistenziali.
Però in nessun modo questa legge va nella direzione di riconoscere pari dignità e pari diritti alle coppie omosessuali.
Da un lato perché, continuando ad essere negato l’accesso al matrimonio e non prevedendo neppure un istituto alternativo che abbia lo stesso contenuto, non vengono riconosciute alle coppie omosessuali stessi diritti e stessi doveri di quelle eterosessuali. Dall’altro perché la mancanza di questa possibilità discrimina le coppie dello stesso sesso: infatti nel DDL doveri e benefici si acquistano dopo svariati anni; il diritto di visita e cura negli ospedali è rimesso alla determinazione delle stesse strutture ospedaliere; le scelte in caso di malattia o successive alla morte di uno dei partner possono essere prese dall’altro solo se vi è una precedente procura scritta e solo nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti.
Paradossalmente non nel numero minore di diritti, ma nel riconoscerli sotto condizione e a termine, obbligando alla coabitazione – obbligo che manca nel matrimonio – sta la negazione della dignità delle coppie omosessuali.
Illustrazione del DDL:
A) Fattispecie
Condizioni per l’applicazione della legge:
1) deve trattarsi di due persone;
2) dello stesso sesso o di sesso diverso;
3) che vivono stabilmente sotto lo stesso tetto;
4) unite da reciproci vincoli affettivi;
5) che si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale.
Ai fini del DDL i predetti soggetti sono definiti “conviventi”.
B) Chi
Persone alle quali non si applica:
due persone sposate;
genitore e figlia/o (parenti in linea retta di 1° grado);
nonna/o e nipote (parenti in linea retta di 2° grado);
suocera/o e genero/nuora (affini in linea retta di 1° grado);
nonna/o e marito/moglie del/della nipote (affini in linea retta di 2° grado);
due persone legate da adozione o affiliazione;
due persone di cui uno sia tutore, curatore o amministratore di sostegno dell’altro;
due persone legate da rapporti contrattuali, anche lavorativi, che comportino necessariamente l’abitare in comune (per esempio la/il badante retribuita e l’assistito/a).
È incomprensibile il fatto che la legge non si applichi alle coppie nelle quali uno sia stato nominato amministratore di sostegno dell’altro. Il codice civile prevede proprio che il coniuge o il convivente siano scelti con precedenza su tutti gli altri all’ufficio di amministratore.
Persone alle quali si applica:
fratelli e sorelle (parenti in linea collaterale di 2° grado);
zio/zia e nipote (parenti in linea collaterale di 3° grado);
marito e fratello/sorella della moglie (affini in linea collaterale di 2° grado);
moglie e fratello/sorella del marito (affini in linea collaterale di 2° grado);
nipote e moglie dello zio o marito della zia (affini in linea collaterale di 3° grado);
zio/zia e moglie del nipote o marito della nipote (affini in linea collaterale di 3° grado);
tutti i parenti e gli affini fino al 6° (massimo grado di parentela e affinità riconosciuti dalla legge);
tutti coloro che tra di loro non sono né parenti né affini;
C) Come
Come si può beneficiare della legge?
Si deve essere già iscritti o bisogna iscriversi all’anagrafe come “famiglia anagrafica”.
La legge anagrafica è in vigore dal 1954, l’attuale regolamento attuativo dal 1989: in base ad essa tutti sono obbligati ad iscriversi all’anagrafe e a comunicargli, entro 20 giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti – pena, se il fatto non costituisca reato più grave, l’applicazione di un’ammenda:
a) il trasferimento di residenza da un comune all’altro;
b) il cambio di abitazione all’interno dello stesso comune;
c) la costituzione di una nuova famiglia o di una nuova convivenza, ovvero i mutamento intervenuti nella loro composizione.
L’anagrafe è organizzata in base a schede: 1) per ciascuna persona residente sul territorio comunale viene redatta una scheda personale; 2) se una persona vive nella stessa abitazione con altre, viene inserito anche in un’altra scheda: (a) o in quella di famiglia anagrafica, (b) o in quella di convivenza anagrafica.
I parenti o gli affini che siano coabitanti vengano iscritti d’ufficio nella scheda « famiglia anagrafica »; tutte le altre persone che non siano parenti né affini, sono iscritti nella stessa scheda come « famiglia anagrafica » solo se al momento dell’iscrizione hanno dichiarato (o dichiareranno) di essere legati da vincoli affettivi. Se non lo dichiarano vengono (o sono già stati) registrati nella scheda dedicata alle « convivenze anagrafiche », nella cui definizione non rientrano le perso
ne legate da vincoli affettivi, ma conviventi per altre ragioni.
Le comunicazioni all’anagrafe possono farsi recandosi personalmente all’ufficio anagrafico oppure per mezzo di lettera raccomandata – eccetto che nel caso di trasferimento da un comune all’altro.
Ai dichiaranti viene rilasciata ricevuta.
La dichiarazione può essere resa anche da un solo membro della famiglia o della convivenza.
Il DDL del governo stabilisce che i benefici, diritti e dovere della legge si applicano alle persone indicate al precedente punto B) che rientrano nella definizione di « famiglia anagrafica ».
Il DDL, non modificando in nulla la legge né il regolamento anagrafico, prevede che la « famiglia anagrafica » continui nello stesso modo ad iscriversi, comunicare modificazioni e a cancellarsi dall’anagrafe.
La sola differenza è costituita da un’aggravante: quando l’iscrizione della coppia, che vuole avvantaggiarsi dei contenuti del DDL, viene fatta da uno solo dei partner, anziché da entrambi congiuntamente, il partner che procede all’iscrizione dovrà inviare all’altro membro della coppia una raccomandata con avviso di ricevimento in cui l’avverte di aver proceduto all’iscrizione di entrambi come famiglia anagrafica.
Questa raccomandata diventa di fondamentale importanza perché il certificato di famiglia anagrafica, rilasciato dall’anagrafe, permetterà di godere dei benefici previsti dal DDL solo se unito alla prova dell’invio di questa comunicazione.
Il DDL non richiede che le coppie iscritte all’anagrafe come famiglie anagrafiche procedano ad una nuova iscrizione o ad una dichiarazione aggiuntiva per poter beneficiare del contenuto della legge.
Stabilisce che le coppie formatesi prima della data di entrata in vigore della legge possano, entro nove mesi, dare la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella risultante dai certificati dell’anagrafe.
Questo vuol dire poter recuperare il tempo della convivenza pregressa, utile ai fini del raggiungimento della durata minima del rapporto richiesta dal DDL per poter godere dei diritti, per quelle coppie che non sono già iscritte all’anagrafe. Se invece le coppie sono già iscritte all’anagrafe, non dovrebbe porsi alcun problema, in quanto l’ufficio anagrafico potrà certificare essa stessa il periodo pregresso, a condizione che, però, la coppia si sia registrata come « famiglia anagrafica » e non come « convivenza anagrafica ».
Nel silenzio della norma la prova della convivenza pregressa, per le coppie non iscritte all’anagrafe o iscritte come convivenze anagrafiche, dovrà essere data direttamente all’ufficio anagrafico e in caso di non accoglimento al giudice.
Il ricongiungimento del periodo di convivenza pregresso, tuttavia, non sarà possibile con riferimento ai trattamenti pensionistici e previdenziali, per i quali la data della convivenza parte dall’entrata in vigore della legge.
Quando della coppia faccia parte una persona legalmente separata e la convivenza è iniziata prima del divorzio – che segna la data di scioglimento legale del matrimonio-, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio potrà darsi la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella della iscrizione all’anagrafe, comunque successiva al triennio di separazione legale calcolato a far tempo dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale.
Quando una persona divorziata inizia una convivenza ai sensi del DDL, questa perde i diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni che la legge riconosce all’ex coniuge cessano.
Il DDL stabilisce che i diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni che contiene cessino qualora uno dei conviventi contragga matrimonio.
Al di là del contenuto del DDL, i conviventi rimangono titolari dei diritti e degli obblighi previsti da altre disposizioni vigenti per le situazioni di convivenza, salvi in ogni caso i presupposti e le modalità dalle stesse previste. Bisogna però valutare se questa legge introduce una definizione generale di convivenza, valida per tutto l’ordinamento, per cui sono convivenze solo quelle rientranti nella fattispecie prevista da questo DDL.
Per l’esercizio dei diritti e delle facoltà previste dalla legge, la coabitazione deve essere attuale, cioè in corso.
Le certificazioni anagrafiche sono sì atti pubblici, ma attestano unicamente il ‘fatto’ della convivenza dichiarata, non che la dichiarazione sia sicuramente vera. Pertanto a fronte di un certificato anagrafico, chiunque sia controinteressato, sia esso un terzo o lo Stato, può:
1.- dare la prova contraria sulla sussistenza di un vincolo di parentela, affinità adozione etc. che preclude i benefici di questa legge;
2.- dare la prova dell’inesistenza (a) dei reciproci vincoli affettivi, (b) della prestazione reciproca dell’assistenza e solidarietà materiale e morale; (c) della coabitazione, (d) della coabitazione stabile; 3.- dare la prova che (e) la convivenza è iniziata successivamente (f) o è terminata in data diversa rispetto alle risultanze anagrafiche.
Sanzioni: chi per potere beneficiare della legge, dichiari il falso all’anagrafe:
(a) dichiara di coabitare con un’altra persone, ma ciò non è vero;
(b) dichiara di coabitare con un’altra persona perché a questa è legata da reciproci vincoli affettivi e per prestarsi assistenza e solidarietà materiale e morale, ma ciò non è vero;
è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 3000 a euro 10000.
Il DDL stabilisce che nel caso sulla base delle false dichiarazioni si fossero ottenuti dei benefici patrimoniali, di questi si possa chiedere la restituzione.
D) Contenuto
Benefici, diritti e doveri previsti dal DDL governativo per le coppie stabili conviventi:
solo se e da quando i partner lo stabiliscono
Ciascun convivente può designare per iscritto l’altro quale suo rappresentante:
a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e volere, al fine di concorrere alle decisioni in materia di salute, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti;
b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti.
Se non si è in grado di firmare l’atto di designazione, è necessario che venga firmato da almeno 3 testimoni.
fin dal giorno di inizio della convivenza
1) possibilità per uno dei partner, di succedere nel contratto di locazione intestato all’altro, se questi muore o pone fine alla convivenza, a condizione che si abbiano avuti figli comuni;
2) se uno dei due partner lascia per testamento dei beni in eredità all’altro, i beni ricevuti sono esentati da tasse di successione fino al valore complessivo netto di 100.000 euro. Se il valore complessivo netto è superiore a 100.000 euro, si applica l’aliquota del cinque per cento..
dal momento in cui la convivenza possa considerarsi stabile
Il convivente che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altro convivente può chiedere, salvo che l’attività medesima si basi su di un diverso rapporto, il riconoscimento della partecipazione agli utili dell’impresa, in proporzione dell’apporto fornito.
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bsp;
quando la stabile convivenza duri almeno da:
3 anni
1) Possibilità per uno dei partner, di succedere nel contratto di locazione intestato all’altro, se questi muore o pone fine alla convivenza;
2) la legge e i contratti collettivi disciplinano i trasferimenti e le assegnazioni di sede dei conviventi dipendenti pubblici e privati al fine di agevolare il mantenimento della comune residenza;
3) nell’ipotesi in cui uno dei conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, l’altro convivente è tenuto a prestare gli alimenti oltre la cessazione della convivenza, con precedenza sugli altri obbligati, per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza. L’obbligo di prestare gli alimenti cessa qualora l’avente diritto contragga matrimonio o inizi una nuova convivenza.
9 anni
1) ciascun convivente viene considerato dalla legge erede legittimo dell’altro:
a) eredita un terzo se il convivente defunto aveva un figlio;
b) eredita un quarto se il convivente defunto aveva più figli;
c) eredita la metà se sono ancora in vita ascendenti legittimi, fratelli e sorelle del convivente defunto;
d) eredita due terzi se, in assenza di figli, ascendenti, fratelli e sorelle, ci sono altri parenti del convivente defunto entro il secondo grado in linea collaterale;
e) eredita tutto negli altri casi.
Il punto d) è un errore e non trova applicazione in quando i parenti del defunto entro il secondo grado, in linea collaterale, sono solo i fratelli e le sorelle, che però sono già ricompresi al punto c).
I beni ricevuti in eredità sono esentati da tasse di successione fino al valore complessivo netto di 100.000 euro. Se il valore complessivo netto è superiore a 100.000 euro, si applica l’aliquota del cinque per cento.
Il diritto successorio cessa qualora uno dei conviventi contragga matrimonio con un’altra persona.
2) in caso di morte del convivente, quello che sopravvive ha il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza della convivenza e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni, fatti salvi i diritti dei legittimari (sono tali il coniuge, i figli e relativi discendenti, gli ascendenti legittimi). Tali diritti gravano sulla quota che comunque sarebbe spettante al convivente (vedi punto 1 precedente).
Il diritto cessa qualora uno dei conviventi contragga matrimonio.
riconoscimenti in via di principio:
1) si afferma solo il principio che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano – che sono competenti in questa materia – devono tenere conto anche delle convivenze in materia di assegnazione di alloggi di edilizia popolare o residenziale pubblica;
2) quando e se sarà riordinata ma materia previdenziale e pensionistica, la legge dovrà prevedere anche i trattamenti che si riconoscono al convivente, tenendo conto di:
a) una durata minima della convivenza,commisurando le prestazioni alla durata della medesima;
b) tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite.
Il diritto cessa qualora uno dei conviventi o quello superstite contragga matrimonio.
3) le strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private stabiliscono le modalità di esercizio del diritto di accesso per fini di visita e assistenza di una partner all’altro che sia ospedalizzato;
riconoscimenti dal contenuto non meglio definito:
1. Viene introdotto il permesso di “soggiorno per convivenza”, di cui può usufruire il cittadino straniero extracomunitario o apolide, che sia convivente con un cittadino italiano o comunitario e non abbia un autonomo diritto di soggiorno. Tenuto conto che ai fini del DDL governativo per convivenza si intende la stabile coabitazione di due persone; tenuto conto che se non si ha un valido permesso di soggiorno all’anagrafe non si viene iscritti, la formulazione dell’articolo pone diversi dubbi e problemi, soprattutto in termini applicativi. Provo a indicarne solo alcuni:
– il permesso soggiorno per convivenza viene riconosciuto solo all’extracomunitario regolare in Italia, iscritto all’anagrafe e convivente con il cittadino italiano o comunitario che, per qualsiasi motivo, non può più ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto;
– viene riconosciuto all’extracomunitario che arriva in Italia proprio per cominciare la convivenza, quindi non avendo un autonomo diritto di soggiorno;
– viene riconosciuto all’extracomunitario irregolare in Italia, che abbia già una stabile convivenza con il cittadino italiano o comunitario, se entro nove mesi dall’entrata in vigore dalla legge dimostra che la convivenza dura da tempo;
– viene riconosciuto all’extracomunitario convivente stabilmente all’estero con un cittadino italiano o comunitario, che decidono di trasferirsi in Italia.
La casistica sarebbe lunga e non si sottrarrebbe a possibili abusi. Se passasse così com’è dovrebbe essere fornita una direttiva applicativa dal Ministero dell’Interno e potrebbe essere restrittiva o estensiva.
Considerato che dovrebbero rimettere mani al Testo unico sull’immigrazione, forse si disciplinerà in quella sede questo nuovo tipo di permesso di soggiorno.
2. Il cittadino dell’Unione europea, convivente con un cittadino italiano, che non ha un autonomo diritto di soggiorno, ha diritto all’iscrizione anagrafica di cui all’articolo 9 del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2004/38/CE.
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