La prima campagna di Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+ è stata “Affermazione Civile”, così chiamata per rivendicare il diritto di accedere al matrimonio anche per le coppie formate da persone dello stesso sesso. Affermazione Civile, intrapresa insieme all’Associazione Radicale Certi Diritti, ha coinvolto tra il 2008 e il 2010 decine di coppie gay e lesbiche che si sono presentate nei Comuni di residenza per chiedere la pubblicazione del matrimonio, prima formalità prevista dal codice civile per la celebrazione.
L’associazione ha messo a disposizione l’attività di assistenza legale dei propri aderenti in maniera del tutto gratuita, impugnando i rifiuti emessi dagli Ufficiali di Stato civile dinanzi ai Tribunali territorialmente competenti con l’obiettivo di provocare una rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
Lo scopo della campagna era duplice: far dichiarare l’illegittimità costituzionale delle disposizioni del codice civile che fanno richiamo alla differenza di sesso dei nubendi, e sollecitare un dibattito, non solo giuridico, sul tema dell’uguaglianza nel diritto all’accesso del matrimonio per le persone omosessuali.
Sono stati contemporaneamente investiti della questione diversi Tribunali e Corti d’appello, quattro dei quali hanno valutato non manifestamente infondata la questione e chiamato la Corte costituzionale ad occuparsi per la prima volta dei diritti delle persone LGBTI.
Nel silenzio del legislatore, pigro anche solo ad elaborare proposte di legge in materia, la campagna ha dato avvio al lungo percorso giudiziario per il riconoscimento dell’uguaglianza delle coppie gay e lesbiche.
Con la sentenza n. 138/2010 la Corte costituzionale ha affermato:
A due anni di distanza dalla decisione della Corte costituzionale, anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4184/2012, si è pronunciata nello stesso senso, tornando a sollecitare l’intervento del legislatore per dare tutela alle coppie omosessuali.
Il tema del riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso e dell’urgenza di una loro tutela è entrato così a pieno titolo nel dibattito giuridico. Un dialogo serrato che ha coinvolto i giudici, gli avvocati, la dottrina e dunque il modo universitario.
La campagna di “Affermazione civile” per il riconoscimento del diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, forse, è l’esempio più eclatante della partecipazione degli avvocati alla innovazione del sistema giuridico. (Francesco Bilotta)
Affermazione Civile ha segnato una svolta fondamentale anche per la società e la comunità LGBTI, poiché la rivendicazione del matrimonio egualitario ha dato vita ad un mutamento di prospettiva, un cambiamento del linguaggio comune riferito alle coppie omosessuali e una nuova consapevolezza nelle persone omosessuali della titolarità di diritti e della possibilità di rivendicarli davanti ad un giudice.
Dopo l’udienza pubblica del 23 marzo, la sentenza n. 138/2010 fu decisa il 14 aprile, depositata il 15 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21.
A dieci anni di distanza, abbiamo deciso di raccontare il percorso che ha portato la Corte costituzionale a esprimersi sul diritto, per una coppia formata da persone dello stesso sesso, di contrarre matrimonio. Abbiamo, cioè, chiesto ad alcuni fra gli attori principali di quel percorso di illustrarci le tappe e i passi compiuti per quella che stata definita, in più ambiti e a più riprese, una decisione storica per l’Italia.
Tra il 2013 e il 2016 l’associazione ha promosso la Campagna di trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero nei Registri di Stato civile conservati dai Comuni italiani, sostenendo nella richiesta centinaia di coppie dello stesso sesso.
Rete Lenford ha preparato e diffuso pareri per spiegare le ragioni giuridiche che obbligavano alla trascrizione e ha avviato i procedimenti amministrativi per far dichiarare illegittimo l’intervento di annullamento dei Prefetti imposto dal Ministero dell’Interno con Circolare 7 ottobre 2014 (Consiglio di Stato, sentenze n. 5047 e n. 5048 del 2016).
L’associazione ha sempre sostenuto il diritto delle persone transessuali di ottenere la rettificazione degli atti anagrafici senza la necessità di sottoporsi ad un preventivo intervento chirurgico.
Mediante l’attività di patrocinio dei suoi soci, la questione è arrivata alla Corte di Cassazione, che con la storica sentenza n. 15138/2015 ha finalmente dichiarato che la legge n. 164/82 sul mutamento di sesso non può essere interpretata nel senso di costringere le persone transessuali, che chiedono al Tribunale la rettificazione del genere e la modificazione anagrafica del nome, a sottoporsi all’intervento demolitivo dei caratteri sessuali primari. La decisione ha provocato un mutamento di giurisprudenza storico.
Nei confronti dei genitori gay e lesbiche è tuttora impegnata a sostenere le richieste di riconoscimento del nucleo familiare, mediante trascrizioni di certificati di nascita esteri o di adozioni estere, riconoscimenti pre e post parto per coppie di donne, adozioni del/la figlio/a del partner.