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UNIONI E MATRIMONI SAME-SEX DOPO LA SENTENZA 138/2010: QUALI PROSPETTIVE?

23 Dicembre 2011

La riflessione sul tema del matrimonio same-sex e delle unioni civili omosessuali vede da tempo coinvolto il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Bergamo.

Nel 2008, in questa stessa collana, è comparso il Quaderno n. 4 della nuova serie, intitolato Tra famiglie, matrimoni e unioni di fatto. Un itinerario di ricerca plurale, che ha proposto un confronto interdisciplinare, interrogando studiosi di diverse competenze, sui profili emergenti dalla riflessione giuridica sulla famiglia, che andava allora fronteggiando il tema della disciplina delle unioni civili – etero ed omosessuali – accompagnando la discussione avviata in parlamento, e poi rimasta senza seguito. Un itinerario composito, che intendeva restituire una riflessione sui concetti giuridici di famiglia, matrimonio e unione di fatto intessuta tra diversi approcci disciplinari e diverse prospettive, in un dialogo apertamente pluralistico.

Alcuni degli studiosi che avevano partecipato a quel primo momento di riflessione hanno successivamente proseguito le proprie ricerche in questo ambito tematico, rivolgendo specificamente l’attenzione ai temi delle unioni e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. […]

Del resto, nella facoltà di giurisprudenza di Bergamo sono da tempo coltivati studi giuridici di genere, secondo una prospettiva che tenta di introdurre anche nella didattica e nella ricerca giuridica italiana quella feconda prospettiva di analisi di genere che, in altri paesi, costituisce una tradizione accademica ormai consolidata e accreditata di Gender and Law. Studi ed analisi che costituiscono il terreno ideale per la riflessione sulle multiformi dimensioni dell’uguaglianza, sui principi antidiscriminazione, antisubordinazione e antistigmatizzazione, e che aprono ai temi dell’orientamento e dell’identità sessuale. Incorporando la qualità relazionale del genere come categoria analitica (vale a dire incorporando la capacità della norma di definire il maschile in relazione al femminile e viceversa), l’analisi di genere non riguarda solo le forme e le circostanze della relazione uomo-donna (che rappresentano, semmai, l’ambito della sua prima evidenza), ma anche l’orientamento sessuale e tutte le articolazioni della relazione tra sesso e genere (transessualismo, transgenderismo, intersessuazione), consentendo la visibilità dei corpi oltre il dimorfismo sessuale e l’apertura ai desideri della persona oltre il paradigma eterosessuale.

Posto che il genere definisce i ruoli sociali, la posizione, i vincoli e le aspettative che vengono associate all’appartenenza all’uno o all’altro sesso, non è difficile vedere come l’aspettativa di una proiezione affettiva e sessuale verso il sesso opposto (il paradigma eterosessuale) costituisca uno dei contenuti più radicati delle regole di genere; né come l’omosessualità metta in discussione proprio l’aspettativa sociale di dualismo e complementarietà tra maschile e femminile in quanto regola fondativa ed essenziale nella costruzione del genere.

Inevitabile e naturale prosecuzione di questo cammino, il manifestarsi di un interesse specifico a proposito degli scenari aperti (o, forse, chiusi) della sentenza 138 del 2010. Sentenza che – interrogata sulla sospetta incostituzionalità del complesso normativo del codice civile che non consente l’accesso al matrimonio a coppie formate da soggetti dello stesso sesso – ha risposto dichiarando inammissibile la questione relativa all’art. 2 Cost. «perché diretta ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata» ed infondata quella sollevata con riferimento ai parametri individuati negli artt. 3 e 29 Cost. (inammissibile anche la questione relativa al parametro dell’art. 117, primo comma, Cost., attraverso le norme interposte degli artt. 8 e 14 della CEDU, nonché 7, 9 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, perché «la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento»). […]

In una sorta di colloquio ideale con il seminario preventivo di Ferrara, il Dipartimento di scienze giuridiche di Bergamo ha proposto un seminario successivo, svoltosi il 4 febbraio 2011, intitolato “La pronuncia della corte costituzionale sui matrimoni same-sex: quali effetti, quali prospettive?” (le cui relazioni vanno per lo più, ed in una versione rielaborata, a costituire la prima sezione di questo Quaderno).

Il seminario ha rappresentato una prima occasione di confronto diretto e riflessione collegiale sui problemi sollevati dalla pronuncia della Corte costituzionale, sulle sue contraddizioni ed aporie, su come possano essere eventualmente ricomposte e quali conseguenze abbiano nell’ordinamento. […]

La relazione introduttiva, affidata a Roberto Romboli, ha illustrato le trame fondamentali delle diverse letture della sentenza proposte dai commentatori, talvolta anche decisamente divergenti. In merito allo specifico del matrimonio same-sex, la questione aperta dalla pronuncia è duplice: da un lato, si discute se le critiche possano eventualmente sospingere, trattandosi di sentenza con dispositivo di rigetto, verso un rêvirement e magari sollecitarlo; dall’altro, ci si interroga su quali spazi restino aperti al legislatore in questa materia.

Convergente, pur a partire da letture e interpretazioni parzialmente divergenti, il giudizio che la prospettiva legislativa (per quanto la relazione di Barbara Pezzini si sforzi di argomentare che rimane aperta) debba considerarsi inattuale (di particolare significato la lettura compiuta da Giuditta Brunelli nella relazione conclusiva sulle difficoltà e l’impoverimento della capacità di una rappresentanza politica “ragionata e mediata”, capace di costruire una mediazione e nuova sintesi delle domande sociali).

Anche per questo, la prospettiva su cui il seminario si interroga è principalmente quella delle conseguenze sul piano del riconoscimento dell’unione omosessuale come formazione sociale costituzionalmente tutelata; dal momento che la sentenza 138 afferma il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia con altra persona dello stesso sesso, ottenendone il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri, chiama prioritariamente in campo il legislatore e la sua discrezionalità, ma non rinuncia ad evocare un successivo intervento della giurisprudenza costituzionale alla necessità di tutela di situazioni “specifiche”, di “ipotesi particolari” nelle quali sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale.

Pensando, allora, che tale apertura possa trovare risposta a partire da un’evoluzione giurisprudenziale (tesi prospettata da Gilda Ferrando, il cui contesto è stato esplorato da Marco Gattuso), non solo perché a ciò fortemente sollecitata dalla stessa Corte costituzionale, ma anche per quel “lavorio costante dell’opera dell’avvocatura nell’interpretazione del diritto” che è da annoverarsi tra i formanti del diritto stesso (relazione di Francesco Bilotta), il compito della dottrina è quello di chiarire in quali ambiti ed a quali condizioni si prevede che possa emergere concretamente il confronto tra coppie coniugate e unioni stabili omosessuali: quali parametri orienteranno le valutazioni che possono condurre ad affermare la necessità di trattamento omogeneo?
(o, come riterrei preferibile, quali parametri ci mostreranno la necessità di superare la condizione di discriminazione e subordinazione in cui vivono le coppie samesex? Il concentrare – realisticamente – l’attenzione soprattutto sull’attuazione dei diritti delle coppie same-sex e sulla necessità di stabilire quando sia richiesto un trattamento omogeneo con le coppie coniugate, non cancella, infatti, la necessità di mantenere una prospettiva critica, in particolare sul modo in cui la Corte ha risolto la questione della violazione del principio di uguaglianza, nel senso di ipotizzare come un discorso centrato sull’uguaglianza in senso forte possa essere “riattivato”).

Le riflessioni confrontate nel convegno hanno stimolato anche ulteriori preziosi contributi, che vanno ad arricchire il contenuto di questo Quaderno; sia per l’approfondimento della riflessione critica (Persio Tincani, Ilenia Ruggiu, Lucilla Conte, Cristina Costantini), sia sui particolari contesti di casi rilevanti in cui il problema della comparazione tra coppie coniugate e unioni stabili omosessuali già si delinea chiaramente: dal risarcimento del danno del convivente omosessuale (Stefano Rossi) alla filiazione (Anna Lorenzetti; la visione di taglio sociologico del contributo di Roberta Bosisio e Alessandra Vincenti arricchisce sul tema dell’omogenitorialità la lettura del contesto in cui le norme giuridiche si calano).

Chiudono il quaderno i contributi che centrano la riflessione sui nodi problematici che possono scaturire dalla dimensione sovranazionale e dalla circolazione di soggetti le cui unioni e/o matrimoni same-sex siano riconosciute all’estero: a partire dall’inquadramento che ne avevano fatto nel convegno la relazione di Condinanzi (che non è stato possibile acquisire nella versione scritta definitiva) e quella di Alexander Schuster (ampliata ed arricchita per la pubblicazione), il tema viene affrontato anche da Matteo Winkler e Emilia Naldi.

Tratto dalla Presentazione di Barbara Pezzini, prof. ordinario di diritto costituzionale – Università degli Studi di Bergamo.

Allegati

testo saggio Prof. Romboli.pdf
indice volume.pdf