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RICONOSCIUTO IL RISARCIMENTO DEL DANNO PER UNA FRASE DISCRIMINATORIA

18 Dicembre 2011

IL TRIBUNALE DI MILANO RICONOSCE IL RISARCIMENTO DEL DANNO EX ART. 2059 C.C. PER UNA FRASE DIFFAMATORIA, SOLO APPARENTEMENTE SATIRICA, CON CUI L’ORIENTAMENTO OMOSESSUALE DI UNA PERSONA ERA STATO RAPPRESENTATO COME AMORALE E, DI FATTO, SPREGEVOLE E CARATTERIZZANTE IN NEGATIVO L’INTERA PERSONALITÀ DELL’OFFESO.

Con sentenza n. 12187/11 emessa il 13.10.11, il Tribunale di Milano – I Sez. Civile – est. Micciché, ha positivamente affrontato il tema della lesione al diritto all’onore ed alla dignità personale allorquando una persona omosessuale sia fatta oggetto di scherno a motivo del proprio orientamento sessuale, riconoscendo ad un senatore della Repubblica il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale arrecatogli da un noto giornalista il quale, nel corso di una trasmissione televisiva, con intento solo apparentemente critico-satirico, lo aveva deliberatamente offeso, facendo derivare le sue manifestate opinioni politiche da un mero (e per ciò stesso bieco e sordido) interesse di natura marcatamente sessuale.

Nel caso di specie, il parlamentare, nell’esercizio delle sue funzioni, nel corso di una discussione in aula sull’abolizione della pena di morte dal codice penale militare in tempo di guerra, aveva espresso la sua totale adesione all’obiezione di coscienza di chi è impegnato in missioni militari, affermando la sussistenza di un vero e proprio diritto alla diserzione per i militari cui fossero stati impartiti “ordini di morte, di carneficina”.

A qualche giorno di distanza, il convenuto, intervenendo in una rubrica televisiva che si presenta come un momento di critica giornalistica/politica con venature satiriche, anziché contestare l’intervento del senatore per il merito delle opinioni espresse, lo aveva duramente attaccato sotto il profilo strettamente personale, dapprima sottolineando l’appartenenza del parlamentare ad una nota associazione che promuove la tutela dei diritti LGBTI, quindi proferendo la frase ad effetto “…ama i disertori, forse perché scappando offrono le terga”.

E’ risultato pertanto pacifico al Tribunale di Milano che il comportamento del giornalista esulasse sia dal diritto di cronaca, sia da quelli di critica o di satira, in quanto l’attore era trasceso in un attacco personale, diretto a colpire la figura morale del soggetto criticato su un piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse.

Citando la sentenza n. 7990/08 della Suprema Corte, il Tribunale ha infatti ritenuto che ciò che aveva determinato nel caso di specie l’abuso del diritto (di critica) era la “gratuità delle aggressioni non pertinenti ai temi appartenenti alla discussione” nonché “l’uso dell’argomentum ad nomine, inteso a screditare l’avversario politico mediante l’evocazione di una sua pretesa indegnità o inadeguatezza personale, piuttosto che a criticarne i programmi e le azioni”.

Rilevante è che il giudice abbia considerato offensiva la frase pronunciata dal giornalista con la motivazione che “tale immagine rimanda a un clichè volgare e retrivo per cui l’omosessuale viene identificato con una persona amorale la cui personalità è ridotta alla sola caratterizzazione sessuale, peraltro vista come distorta e spregevole (che nel caso di specie si tradurrebbe nell’insidia verso altri uomini), attraverso la quale ogni comportamento opinione o atteggiamento viene filtrato e proposto al pubblico, con ciò negando altresì dignità della persona omosessuale”.

Il trasformare l’orientamento sessuale LGBT di un soggetto in un elemento di scherno dello stesso, in quanto indice di amoralità e perversione, così come il ricondurre la sua personalità e la sua stessa vita al solo soddisfacimento dell’istinto sessuale, costituiscono quindi una grave offesa alla dignità della persona, che merita di essere sanzionata con il risarcimento del danno ex art. 2059 c.c.

In questo modo il Tribunale di Milano felicemente applica al caso concreto il principio formalmente consacrato dall’art. 1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), che sancisce l’inviolabilità della dignità umana e ne dispone l’inderogabile rispetto e tutela; essa inoltre si inquadra a pieno titolo nel filone delle pronunce tese all’attuazione dell’art. 2 della nostra Costituzione nella parte in cui garantisce il rispetto della persona umana e dei diritti inviolabili dell’uomo, quali il suo diritto all’onore ed all’identità personale.

* entrambi del Foro di Bologna.

Allegati

sentenza 12187.11.pdf