In Israele qualunque persona ebrea, quale che sia la sua cittadinanza, ha il diritto di trasferirsi in Israele e ricevere la cittadinanza israeliana, sulla base della legge conosciuta come legge del ritorno.
Il diritto viene esteso anche al coniuge del cittadino o della cittadina ebrea, anche se questo non è a sua volta ebreo. La legge è sempre stata applicata nel caso di matrimoni eterosessuali, ma non era mai stata testata su coppie sposate omosessuali.
Nel luglio 2011, come riportato dal quotidiano The Jewish Daily Forward, un cittadino ebreo americano, tornato in Israele, ha inviato una richiesta ultimativa al Ministro degli interni per il riconoscimento della cittadinanza a suo marito, non ebreo. In caso di rifiuto, la coppia aveva minacciato di ricorrere all'Alta Corte Israeliana.
Al momento dell'arrivo in Israele nel giugno 2010, al marito non ebreo era stato concesso solo un permesso di soggiorno temporaneo, nonostante la coppia si fosse sposata in Canada nel 2007. Al ricorso in via amministrativa presentata dalla coppia, il Ministero degli Interni non ha dato risposta per oltre un anno, scusandosi per la lunga attesa, ma giustificandosi proprio con il fatto che si trattava del primo caso del genere che veniva affrontato.
In Israele la Corte suprema, in un caso differente deciso nel 2006, aveva stabilito che cinque coppie di persone dello stesso sesso, già residenti in Israele, ma sposate all'estero, dovevano essere registrate come sposate.
Finalmente a fine agosto 2011, il Ministero degli Interni ha accolto la richiesta di cittadinanza del marito non ebreo nonostante si trattasse di un matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il Ministero ha tuttavia precisato che questa decisione non può essere considerata un precedente valido in tutti i casi, in quanto le future richieste verranno valutate singolarmente per accertare nel merito la sussistenza di tutti i requisiti di dignità e merito richiesti dalla legge per la concessione della cittadinanza. Appare però pacifico che non la si potrà rifiutare solo perché la coppia sposata è formata da persone dello stesso sesso. Al momento dell'arrivo in Israele nel giugno 2010, al marito non ebreo era stato concesso solo un permesso di soggiorno temporaneo, nonostante la coppia si fosse sposata in Canada nel 2007. Al ricorso in via amministrativa presentata dalla coppia, il Ministero degli Interni non ha dato risposta per oltre un anno, scusandosi per la lunga attesa, ma giustificandosi proprio con il fatto che si trattava del primo caso del genere che veniva affrontato.
In Israele la Corte suprema, in un caso differente deciso nel 2006, aveva stabilito che cinque coppie di persone dello stesso sesso, già residenti in Israele, ma sposate all'estero, dovevano essere registrate come sposate.
Finalmente a fine agosto 2011, il Ministero degli Interni ha accolto la richiesta di cittadinanza del marito non ebreo nonostante si trattasse di un matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il Ministero ha tuttavia precisato che questa decisione non può essere considerata un precedente valido in tutti i casi, in quanto le future richieste verranno valutate singolarmente per accertare nel merito la sussistenza di tutti i requisiti di dignità e merito richiesti dalla legge per la concessione della cittadinanza. Appare però pacifico che non la si potrà rifiutare solo perché la coppia sposata è formata da persone dello stesso sesso.
Un approfondimento in inglese è consultabile sul sito Haaretz.