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Lettera aperta a tutte le Associazioni LGBT

16 Maggio 2009

Care amiche e cari amici,

abbiamo deciso di rivolgerVi questa lettera perché da molte parti ci sono arrivate richieste di chiarimenti a proposito della recente ordinanza del Tribunale di Venezia che – per chi ancora non ne fosse a conoscenza – ha chiesto alla Corte costituzionale di chiarire se l’interpretazione delle norme vigenti, secondo la quale due persone dello stesso sesso non potrebbero sposarsi, sia o meno conforme alla Costituzione italiana.

 

La nostra associazione, sul modello di quelle già esistenti in altri Paesi, è formata da avvocate e avvocati che hanno l’obiettivo di incentivare la conoscenza e la tutela giudiziaria dei diritti delle persone LGBT. Immaginiamo che molti di Voi conoscano già questa realtà e ci permettiamo di rinviare al nostro sito coloro che volessero avere maggiori informazioni (www.retelenford.it).
Nell’associazione si sta costituendo un comitato scientifico di cui fanno parte per il momento personalità del mondo scientifico tra cui il Prof. Stefano Rodotà, presidente onorario del comitato, la Prof.ssa Patrizia Borsellino, il Prof. Vittorio Lingiardi.

 

Venendo alla vicenda veneziana, bisogna ricordare che, da oltre un anno e mezzo, nostre/i associate/i hanno dato la propria disponibilità ad assistere coppie di persone dello stesso sesso interessate ad avviare le procedure previste dalla legge per il matrimonio. Avevamo già ricevuto in passato singole richieste che ci spronavano ad agire in modo più incisivo, ma l’accelerazione alla nostra iniziativa c’è stata a seguito della collaborazione con l’Associazione Radicale “Certi Diritti”, che ha diffuso la notizia del nostro intendimento, facendone una sua iniziativa prioritaria e scegliendo il nome di “Affermazione civile”, in omaggio alle lotte nonviolente contro la segregazione razziale che animarono gli Stati Uniti negli anni ’50.

 

Ci teniamo a precisare che la nostra iniziativa sinergica con Certi Diritti non nasce da un comune credo o appartenenza politica. Fin dall’inizio, infatti, la campagna di Affermazione civile è stata aperta a tutte le associazioni LGBT italiane sia su sollecitazione di Certi Diritti sia nostra.
Vorremmo chiarire che saremo sempre a disposizione di chiunque promuova iniziative di tutela dei diritti delle persone LGBT. La nostra professione di avvocato ci impone di considerare il bisogno di tutela giuridica delle persone, non il loro credo politico (o di altra natura). L’associazione è e rimarrà sempre apartitica.

 

Come saprete, il primo passo che il codice civile prevede per sposarsi è la richiesta di pubblicazioni matrimoniali mediante l’affissione nell’albo comunale, dell’intenzione di sposarsi da parte dei nubendi.
Le coppie da noi assistite si sono, quindi, presentate nei loro Comuni di residenza e hanno formalizzato la richiesta di pubblicazioni.
L’Ufficiale dello stato civile, nel caso in cui intenda respingerla, è tenuto a rilasciare per iscritto un rifiuto motivato. Tale rifiuto può essere impugnato dinanzi al Tribunale ed è appunto quello che abbiamo fatto. Scopo dell’impugnazione è ottenere l’annullamento dell’atto di rifiuto con il conseguente ordine rivolto all’Ufficiale dello stato civile di procedere alle pubblicazioni.

 

Nella prima fase dell’azione, sono state coinvolte circa 20 coppie nel centro-nord Italia. Le pronunce finora adottate in primo grado (e in alcuni casi di secondo grado) sono state negative.
Contro le sentenze delle Corti d’appello siamo in procinto di ricorrere in Cassazione.

 

Nel frattempo, è intervenuta l’ordinanza del Tribunale di Venezia che ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale. Nel nostro ricorso veniva evidenziato che non consentire il matrimonio fra persone dello stesso sesso genera una serie di violazioni della nostra Costituzione, prima fra tutte quella del principio di uguaglianza, solennemente sancito dall’art. 3. Aderendo a tale impostazione, i giudici di Venezia hanno sospeso il giudizio per interpellare la Corte Costituzionale, così come prevede la legge.

 

Non è pronosticabile con esattezza quando sarà esaminata la questione dalla Corte Costituzionale, così come è impossibile prevedere cosa decideranno i giudici. Gli esiti possibili sono i seguenti:

 

a) la Corte costituzionale accoglie la richiesta del Tribunale di Venezia. In questo auspicabile caso, sarà superata definitivamente l’interpretazione che vieta a due persone dello stesso sesso di sposarsi; è opportuno ricordare che non c’è un divieto espresso in questo senso in nessuna norma;

 

b) la Corte costituzionale rigetta la richiesta del Tribunale di Venezia. In questo caso, il Tribunale di Venezia dovrebbe rigettare il ricorso, ma ciò non precluderà in linea teorica che un altro Tribunale sollevi la stessa questione dinanzi alla Corte per sollecitarla nuovamente a prendere posizione. È questa la ragione per cui, in caso di esito negativo della vicenda, la nostra battaglia non si fermerà;

 

c) la Corte costituzionale rigetta la richiesta del Tribunale di Venezia, ma afferma che il Tribunale deve interpretare le norme vigenti in maniera conforme alla Costituzione, indicando inoltre che l’interpretazione corretta non può non prendere in considerazione il divieto di discriminazione nei confronti di persone che intendano contrarre matrimonio con altra persona appartenente allo stesso sesso. In tal modo, il Tribunale assumerà la responsabilità della decisione, supportata dalla pronuncia della Corte;

d) la Corte rigetta la questione con una “sentenza-monito”, affermando che urge anche in Italia una legislazione che disciplini le unioni fra persone dello stesso sesso, indicando in tal modo indirettamente una strada al legislatore. In questo caso, non si esprimerebbe nel merito, ritenendo allo stato di non poter o dover intervenire, con motivazioni che potranno essere di diverso tipo. Ciò renderebbe ancora più forte la rivendicazione in sede politica, che finora è stata l’unica strada perseguita per vedere riconosciuti i diritti delle coppie formate da persone dello stesso sesso.
Sarebbe ancora più evidente – in altri termini – il vuoto normativo esistente e il legislatore non potrebbe attendere ancora a colmarlo.

 

Nessuno può dire quale sarà l’esito della vicenda processuale. Nutriamo la speranza che, come già è avvenuto in passato, la Corte ribadisca i principi di libertà e di rispetto per la dignità delle persone iscritti nella nostra Costituzione. Quanto a noi, ci batteremo anche davanti la Corte costituzionale per il riconoscimento dei diritti per i quali ci stiamo impegnando e di cui siamo intimamente e fermamente convinti. Per comprendere a pieno l’importanza dell’opportunità che abbiamo, basti ricordare che non sarebbe stato approvato un moderno diritto di famiglia, introdotto con la riforma del 1975, senza le sentenze della Corte costituzionale che misero fine alla assurda subordinazione della donna al marito, o alla discriminazione dei figli naturali rispetto ai figli legittimi, tanto per fare degli esempi.

 

Da più parti ci sono giunte
critiche per aver iniziato una battaglia che in tutti i Paesi del mondo da anni viene svolta con le medesime modalità. In particolare, viene paventato il pericolo che ciò possa avere come conseguenza la modifica della Costituzione nel senso di specificare che il matrimonio è solo quello fra un uomo e una donna. Siamo stati invitati a sospendere le nostre iniziative perché ne avremmo avuto ritorsioni dal legislatore.

Cosa dire dinanzi a un tale atteggiamento? Prima di tutto è bene ribadire che nessuno conosce il futuro e noi per primi non possiamo prevedere gli esiti della nostra battaglia giudiziaria: sappiamo solo che questa è la strada che in altri Paesi ha consentito alle coppie formate da persone dello stesso sesso di vedere riconosciuti i loro diritti (o quantomeno di sollevare il problema, generare un dibattito pubblico, e facilitare la strada alla via della rivendicazione politica; anche in caso negativo, ha comunque compattato e portato nuove persone ed energie ai movimenti LGBT di quei Paesi). Anche nella peggiore delle ipotesi, una modifica costituzionale, per com’è adesso la situazione in Italia, non ci priverebbe di nulla, perché non abbiamo nulla.

Questa ordinanza di remissione ci dà un’opportunità storica: un organo costituzionale qual è la Corte avrà – se la saprà cogliere – l’opportunità di dire al legislatore che non può non dare attuazione alla Costituzione se vi è un gruppo di cittadini che rivendica i propri diritti.
La Corte però ha bisogno che tale esigenza sia chiaramente espressa innanzitutto dalla società, per questo è fondamentale che si sviluppi sul piano sociale prima che giuridico un dibattito sul tema.

 

Ma al di là di tutti i profili giuridici, ciò che più ci sta a cuore è evidenziare che questo è un momento storico che tutti dovrebbero cogliere, al di là dei particolarismi e delle strategie. Qui ci viene offerta la possibilità di compiere un importante passo avanti sul piano culturale, come mai era successo prima d’ora. Già in queste ore si stanno mettendo in moto meccanismi di interpretazione della legge che porteranno necessariamente il legislatore, i giuristi e i giudici ad affrontare la questione dei diritti delle persone omosessuali, in questo caso delle famiglie omosessuali, come tema esistente, sul quale si debbono interrogare per trovare delle soluzioni.

 

Solo tre anni fa la Corte d’Appello di Roma poteva scrivere, con riguardo al tema del matrimonio omosessuale, che mentre altrove è oggetto di grande dibattito e di soluzioni legislative, in Italia la discussione è ancora all’inizio e si sviluppa sul diverso tema della regolamentazione delle coppie di fatto. Questa è la percezione che i giuristi e i giudici hanno dei nostri diritti.
Dopo la sentenza della Corte costituzionale, non sarà più così. E in ogni caso si apriranno nuove strade. Ci piacerebbe – e ci adopereremo in ogni modo perché ciò accada – che si desse vita ad un vero dibattito sulla questione, ai livelli più alti del mondo accademico e giudiziario, come mai prima d’ora. Noi siamo pronte/i a partecipare a ogni dibattito che organizzerete, laddove la nostra presenza possa essere di una qualche utilità.

 

Quello che vi chiediamo è di convergere contro la discriminazione: mantenete pure le vostre differenze, ma sulla questione dei diritti fondamentali serve unitarietà e dignità nel rivolgersi come ogni cittadino alla magistratura per vedere riconosciuti i propri diritti.
Auspicheremmo che bloggers, chiunque scriva su testate o parli da radio o tv, dia il suo contributo, affinché il dibattito si mantenga vivo e concentrato su punti essenziali, evitando che il silenzio o la facile spettacolarizzazione, sviliscano l’importanza di una conquista di civiltà.

 

Sappiamo che nel prossimo futuro avremo tantissimo da fare e abbiamo bisogno di forze nuove, di persone esperte di diritto motivate. In molte zone d’Italia non abbiamo riferimenti e solo grazie ad amicizie personali dei nostri soci riusciamo a raggiungere zone d’Italia altrimenti troppo lontane. Per questo, approfittiamo dell’occasione per chiederVi di sollecitare gli avvocati che collaborano con le vostre associazioni a contattarci.

 

Allegati

Lettera_aperta_associazioni_LGBT.pdf