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Affermazione civile

19 Ottobre 2008

Nessun Paese al mondo, fino a qualche decennio fa, prevedeva l’unione tra persone dello stesso sesso. Poi, in alcuni Paesi il matrimonio è stato esteso alle coppie dello stesso sesso (Belgio, Olanda, Spagna, Canada, Sud Africa, Norvegia, Massachusset, Norvegia, Connecticut), oppure sono state introdotte soluzioni analoghe ma con un nome diverso (Regno Unito, Germania, Nuova Zelanda).
È bastato superare una banale convenzione verbale: marito e moglie, sono diventati semplicemente i coniugi,  rendendo ormai una realtà concreta il fatto che nella società attuale due persone dello stesso sesso si sposino.

In Italia, il Codice Civile non prevede come requisito di validità dell’atto matrimoniale la differenza di sesso tra i coniugi. È  un regola non scritta alla quale si perviene interpretando altre norme. Ad esempio quelle sulla filiazione. Infatti, in questo modo si potrebbe arrivare, per assurdo ad escludere dal matrimonio le persone sterili per malattia o per l’età avanzata.

Uno dei modi per modificare un’interpretazione errata è provocare una nuova interpretazione giurisprudenziale, ossia sollecitare i giudici ad esprimersi sul comportamento dell’ufficiale dello stato civile che negasse le pubblicazioni a due persone dello stesso sesso.

A sostegno dell’opportunità del cambiamento dell’interpretazione si possono esprimere alcune considerazioni giuridiche:
a) la nozione di matrimonio nel nostro ordinamento non è esiste;
b) il nostro ordinamento non vieta di matrimonio tra persone dello stesso sesso e non prevede la diversità del sesso come requisito per contrarlo (ex art. 84 c.c.);
c) le pubblicazioni di matrimonio per le coppie delle stesso sesso sono rifiutate sulla base di circolari del Ministero degli interni, che si riferiscono all’ordine pubblico internazionale e non all’ordine pubblico interno, perché relative alla trascrizione di matrimoni celebrati all’estero. Il che rende evidente l’uso strumentale di quelle circolari, che sono comunque contrarie allo spirito della nostra Costituzione, nonché della Carta di Nizza;
d) l’interpretazione letterale delle norme che supporta l’atto di diniego alle pubblicazioni di matrimonio è contraria alla Costituzione italiana.

In buona sostanza, quindi, non applicare le norme dell’istituto matrimoniale ad una coppia omosessuale significa creare una serie di gravi contrasti giuridici:
1.    verso il rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali (tra cui rientra senz’altro il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia) che sono principi cardine del nostro sistema di diritto privato;
2.    verso il più generale principio di non discriminazione (facilmente intuibile a partire dal secondo comma dell’art. 3 della Costituzione);
3.    verso il principio di libertà e di autodeterminazione (proprio di tutti gli stati democratici occidentali),  in base al quale lo Stato non può intromettersi in nessuna forma nelle scelte di vita dei cittadini (art. 13 della Costituzione).

L’opinione che senza una riforma legislativa le persone omosessuali in Italia non potranno mai accedere all’istituto matrimoniale è molto diffusa, soprattutto tra le associazioni italiane che si occupano diritti delle persone omosessuali in Italia. Ma, se il Parlamento non prende l’iniziativa e i cittadini rimangono senza tutela dei loro diritti civili, quali strade si possono percorrere? In questo caso, dato che si è di fronte all’assenza di una norma che regoli una specifica circostanza, è la giurisprudenza che deve formulare regole di comportamento alla luce dei principi iscritti nella Costituzione italiana e valide per tutti.
E poichè non è conforme alla nostra Costituzione – per quanto si è detto poc’anzi – un provvedimento amministrativo che neghi ad una coppia omosessuale il diritto di contrarre matrimonio, spetta alla giurisprudneza tutelare tale diritto in assenza di una specifica norma di legge.

Come ha stabilito la Corte d’Appello di Roma (decr., 13 luglio 2006, in Guida al diritto, n. 35, 2006, 59-60) in un caso di trascrizione di un matrimonio tra due persone dello stesso sesso celebrato in Olanda, si deve prendere atto che il matrimonio non è “definito” nella Costituzione italiana, né nel Codice civile e neppure nelle leggi speciali che nel tempo hanno regolamentato l’istituto. Pertanto, l’interprete è chiamato ad individuarne il contenuto essenziale con un’attenta considerazione dell’evoluzione che l’istituto possa avere avuto nel costume sociale, utilizzando tutti i criteri di interpretazione di cui all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, fra i quali il criterio evolutivo.
Come ha riconosciuto la Corte d’Appello citata, vi è la possibilità di un’interpretazione evolutiva dell’istituto, in mancanza di un divieto espresso rispetto alle nozze tra due persone dello stesso sesso.
È stato rilevato come il matrimonio tra due persone dello stesso sesso costituisca una novità antropologica assoluta. Mai prima degli ultimi anni ci si era posta la questione se due persone dello stesso sesso potessero accedere alle tutele che discendono dall’aver contratto matrimonio e quindi dallo status che i coniugi assumono in forza del negozio matrimoniale. È ben singolare che di fronte ad una fattispecie che non conosce precedenti nella storia del diritto, ci si richiami ad una tradizione interpretativa che appare oggi del tutto inidonea per focalizzare i requisiti per la validità e l’efficacia dell’atto matrimoniale.

Un “inganno percettivo”  molto diffuso in Italia, ha portato le persone omosessuali a non rivolgersi mai alla giustizia nella convinzione infondata che la legge vietasse espressamente a due persone dello stesso sesso di sposarsi. È, invece, arrivato il momento di far valere il proprio essere cittadini di questo Paese, chiedendo ai giudici di riconoscere il proprio diritto di formare una famiglia, modificando un’intepretazione che non è più aderente all’evoluzione del contesto sociale.

 

Questo è quanto si propone di fare l’Associazione Radicale Certi Diritti – con il supporto tecnico della nostra Rete di avvocati – che ha dato vita ad un’iniziativa per spingere le coppie omosessuali che intendono contrarre matrimonio, a prendere coscienza che il riconoscimento di tale diritto dipende prima di tutto da loro e da quanto sapranno dimostrare la loro volontà di rivendicarlo, in quanto cittadine e cittadini.